Il fallimento della Staffetta dell’Acqua
Doveva servire a mimare consenso verso le società che gestiscono il servizio idrico e che resistono all’applicazione del dettato referendario. Ma è naufragata in un coro di proteste. E’ fallita così la Staffetta dell’acqua partorita dalla confindustria delle multiutility che aveva arruolato anche filosofi come Giorello e trasmissioni cult come Caterpillar. Fin dal suo esordio di settembre, col festival genovese dell’acqua, le iniziative sono state contestate dai comitati per i beni comuni e dai cittadini. Reggio Emilia, Torino, Venezia, Ancona, Firenze, Potenza, Palermo, Udine, Assago, Milano, Roma e Bari, parecchie di queste tappe sono state sospese perché là dove non era accaduto «i comitati per l’acqua pubblica erano molto più numerosi, colorati e rumorosi dell’evento stesso. Manifestazioni sempre allegre e pacifiche ma determinate ad informare i cittadini sulla mancata attuazione della volontà popolare e dei referendum e a sbugiardare gli ingannevoli messaggi pubblicitari di Federutility», spiegano al quartier generale del Forum dei movimenti. A Federutility aderiscono molte Spa (anche quotate in borsa) che nulla hanno a che vedere con la gestione pubblica dell’acqua e che hanno costituito la spina dorsale e finanziaria del fronte del No ai referendum del 12 e 13 giugno. A Firenze la questura ha incomprensibilmente deciso di denunciare 5 persone (guarda caso 5 referenti provinciali del comitato referendario) per violenza privata nei confronti del tedoforo Pietro Mennea. Ma, se doveva servire a intimidire le proteste, la montatura non ha impedito l’annullamento degli ultimi due appuntamenti di Roma e Bari, dove i comitati territoriali erano di nuovo pronti alla contestazione, per evitare altre brutte figure e il totale naufragio di una iniziativa fallimentare dal punto di vista comunicativo. «Ormai è chiaro che Federutilty rappresenta quelle imprese che continuano a fare profitti sull’acqua e, mentre cercano di accreditarsi come sostenitori del referendum, in realtà ne ignorano (o boicottano) l’esito», spiega il Forum dei movimenti che rilancia l’esigibilità del risultato referendario. All’indomani del 15 ottobre, dopo il catastrofico corteo, i comitati hanno discusso su come dare gambe alla più grande vertenza europea sui beni comuni. E ne sono scaturite proposte importanti come la campagna di “obbedienza civile” con cui si organizzerà l’autoriduzione delle bollette là dove i gestori non si adegueranno al dettato referendario che annulla il margine di profitto del 7% annuo. L’appuntamento di massa è fissato per il 26 novembre quando una manifestazione nazionale contro le privatizzazioni si riprenderà la scena dopo i caroselli di blindati di polizia e il narcisismo disastroso degli incappucciati andati in scena il 15 ottobre. «Su acqua e referendum – si spiega – indietro non si torna: continueremo a lavorare fino alla completa ripubblicizzazione del servizio idrico». Il movimento per i beni comuni può svolgere un ruolo di traino per il rilancio della battaglia contro la crisi perché alla radicalità dei contenuti antiliberisti ha saputo affiancare la sperimentazione di metodi di democrazia partecipata.