Il giudice “riapre” il caso di Rosaria rapita in Argentina
«Sono il napoletano Luigi Grillo. Alcune ore fa un gruppo di uomini sconosciuti è entrato in casa mia, in avenida Olazabal. Hanno portato via mia figlia Rosaria e mio genero Venancio. Non so dove siano stati portati. Credo fossero uomini della policia federal». Buenos Aires. La notte tra il 13 e il 14 settembre 1976. Rosaria Grillo, una ragazza del quartiere Barra che studiava all’università della capitale argentina e militava nella Juventud guevarista, nome di battaglia “Irene”, viene prelevata insieme al compagno e altri sei studenti. Di lei non si saprà più nulla, se non che era stata rinchiusa nel centro clandestino di Campo de Mayo e che forse era incinta di due mesi.
Sulla storia di questa coraggiosa ragazza napoletana, desaparecida come tanti altri giovani militanti inghiottiti dalla violenta repressione della dittatura del paese sudamericano, indaga il magistrato Giuseppe Narducci, il pm delle grandi inchieste sulla camorra di Forcella e dello scandalo Calciopoli, oggi giudice a Perugia dopo una breve parentesi come assessore della giunta de Magistris, nel suo primo libro, El minuto, edito da Alegre. Narducci è andato alla ricerca di documenti e testimonianze per ricostruire gli ultimi, drammatici, giorni di Rosaria, “una ragazza che ha dato la vita per la libertà in cui credeva”.
El minuto sarà presentato lunedì alle 18 a Palazzo Reale nell’ambito del Premio Napoli..
Nella sua inchiesta, più letteraria e giornalistica che giudiziaria, Narducci non manca di ricordare che l’Italia “non salvò la vita” dei tanti connazionali o figli di connazionali perseguitati dalla dittatura né ha aiutato concretamente i familiari ad avere giustizia. “Un debito storico collettivo che deve essere ancora saldato. E questi debiti non cadono mai in prescrizione. Il nostro paese può ancora onorarlo”.