Il potere della vittima e lo scontro all’americana
E’ un evento del tutto eccezionale quello provocato da Massimo Tartaglia, sconosciuto personaggio destinato a ricalcare, sia pure in scala minore, la notorietà del forse dimenticato Pallante, autore dell’attentato a Togliatti. Un presidente del Consiglio colpito in pieno volto, al termine di un suo comizio, nella sua città natale e perno del suo potere politico e imprenditoriale, è un fatto di sicura eccezionalità. Uno shock per la potenza esibita dallo stesso Berlusconi, uno smacco per i servizi di sicurezza, un gesto destinato a occupare la centralità politica delle prossime settimane.
Un gesto su cui si misura la miseria della politica italiana le cui reazioni, come sempre, sono molto al di sotto della portata dei fatti e inadatte a spiegarseli e a spiegarli. E così da destra è tutto un gridare al «clima d’odio» provocato nel paese da «precisi settori politici e dell’informazione» per utilizzare le insulse parole del ministro Bondi. Ci ha pensato, del resto, il fidato Bonaiuti a presentarsi ai Tg della sera per snocciolare il messaggio che sta a cuore alla maggioranza e a Berlusconi in persona. Sfruttare un episodio, che pure certamente lo ha scosso come si desume dall’immagine del volto insanguinato, per mettere in evidenza il suo essere vittima della congiuntura politica la cui violenza dei toni “arma” le mani di alcuni sconsiderati capaci di arrivare a gesti estremi.
Dal punto di vista del premier la reazione è del tutto comprensibile e scontata. Logico anche che i suoi uomini si gettino a corpo morto sul fatto per cercare di uscire da un angolo in cui Berlusconi si era cacciato. Che poi il clima di «odio» sia in larga parte generato dai comportamenti del presidente del Consiglio, dai suoi attacchi furibondi, dalle “consegne” date ai suoi giornali e alle sue tv – cos’è stato il killeraggio contro Boffo orchestrato da Vittorio Feltri, peraltro costretto dagli avvocati a fare marcia indietro? – dalla sua propensione “eversiva” è una ovvia constatazione che i dirigenti del Pdl non potranno mai fare. Così come evidente è l’altra considerazione: lo scontro con la magistratura e con la Corte costituzionale origina non già da una diversa visione degli assetti istituzionali del Paese ma dal fatto che chi attacca i giudici è un sempiterno imputato che, come tutti gli imputati, cerca di sottrarsi al legittimo giudizio.
L’operazione di Berlusconi si avvale però di uno stuolo di commentatori della grande stampa che non perdono l’occasione per cimentarsi con uno dei loro pezzi forti. Si guardi Lucia Annunziata sulla Stampa o Pierluigi Battista sul Corriere – non citiamo per amore della decenza il fondo del Giornale: immediato collegamento tra il lancio di Tartaglia e il NoBday o, addirittura, l’immancabile rimando agli anni 70. E’ un riflesso inarrestabile quello di far risalire qualsiasi fatto violento si generi oggi a quanto accaduto in Italia negli anni 70. E il furore ideologico è tale che si perdono di vista aspetti essenziali: pure nel clima del decennio più movimentato del dopoguerra nessuno – tranne il caso di Bertoli contro Rumor – si era spinto a colpire in una pubblica piazza un presidente del Consiglio. Eppure, negli anni 70, i cortei passavano sotto piazza del Gesù, sede della Dc, urlando slogan piuttosto aggressivi e spesso qualche mano si esibiva nel gesto della P38. Così, per tornare a oggi, lo stesso Battista, prima di costruire il collegamento tra opposizione politica e “il lancio della statuina”, è costretto ad ammettere che in piazza c’era una distanza enorme tra i contestatori e il gesto di Tartaglia. Però il collegamento lo fa lo stesso, deve essere fatto perché questo episodio servirà a normalizzare la situazione.
Del resto, dall’opposizione “democratica” i toni sono di grande rasseneramento. Niente violenza, niente odio, torniamo a discutere serenamente. Con la sola eccezione di Di Pietro, e di Rosi Bindi che in un’intervista a La Stampa ammonisce Berlusconi a «non fare la vittima» visto che il clima odio «dipende anche da lui», i dirigenti di Pd e Udc iniziano ad ammorbidire i toni, forti anche dei toni più moderati che lo stesso Berlusconi aveva utilizzato nel suo comizio, allontanando la prospettiva di elezioni anticipate e smettendo di attaccare Giorgio Napolitano (che ieri sera ha chiamato personalmente il leader della maggioranza).
In realtà, tutto questo fiume di parole e questo fumo ideologico non permette di ragionare attentamente sul gesto e il suo significato. L’elemento eccezionale è innegabile; Tartaglia è in cura psichiatrica da dieci anni e la sua reazione immediata è tipica di una persona non stabile. Eppure su Facebook, la pagina creata a suo nome ha avuto nel giro di una notte oltre 40mila “fan”. L’adesione a un gesto che non ha nulla a che fare con la politica, che non accresce in alcun modo l’opposizione al governo, anzi la depotenzia, è stata esponenziale. I dati vanno presi con giudizio, Facebook è uno strumento che ben si presta a esaltare le emozioni immediate, connette e mette in rete i pensieri in libertà e si presta a dare fissità a semplici modi di dire. Eppure il dato fa riflettere. E fa riflettere sulla mancanza di politica, sulla mancanza di luoghi in cui organizzare un disagio evidente, dare continuità a una ribellione diffusa e settorializzata – da facebook, appunto – che, sia pure in forma esemplare ed eccezionale, si individualizza.
Il gesto di Tartaglia, il consenso da social network che genera, fa pensare, una volta di più, all’americanizzazione del conflitto sociale in Italia. L’attentato individuale al Presidente è un genere cinematografico e letterario che tanto spazio ha occupato negli Stati Uniti. In Italia si è determinato, per la prima volta, con Silvio Berlusconi – il cui agire è tutto intriso di americanizzazione – e lo si ritrova sia nel fatto avvenuto ieri ma anche nelle modalità di alcune manifestazioni, nella rarefazione dello scontro sociale, nella scomparsa della sinistra di classe.
Da questo punto di vista, senza enfasi e senza trarre conclusioni eccessive, l’evento di un uomo solo, disturbato mentalmente e che in una piazza Duomo gremita colpisce in pieno volto il presidente del Consiglio, fa riflettere anche noi.