Il ritorno di piazza Tahrir
da Nena-News
Spiegare le dinamiche di quanto sta accadendo in Egitto, richiede un’attenta e cauta analisi che val dal basso verso l’alto e viceversa. Tutto sembra essere tenuto insieme da un filo sottilissimo, quasi invisibile, e, gli egiziani tutti, islamisti e non, sanno che questo filo potrebbe spezzarsi da un momento all’altro, senza preavviso.
Il nuovo decreto costituzionale fa del presidente un vero e proprio dittatore, presentando Morsy come un faraone; nessuno avrà il diritto di contraddire le sue scelte, nessun organo giudiziario avrà voce in capitolo.
Non bisogna dimenticare inoltre, che è stata presentata una sorta di legge d’emergenza travestita sotto la dicitura: “Per salvaguardare e proteggere la rivoluzione” il presidente potrà fermare qualsiasi persona sembri essere sospetta, anche se non è specificato in che termini. Con ciò, le ultime speranze degli egiziani sono state miseramente spazzate via, e con queste, il sogno di percorrere finalmente la strada della legalità e della libertà.
Cosa ha portato di nuovo gli egiziani ad occupare le strade e le piazze? Innanzitutto la consapevolezza del popolo di essere un soggetto politico capace di decidere e contribuire alla ricostruzione di un nuovo paese, il totale rifiuto verso il totalitarismo, la voglia di democrazia, il categorico rifiuto di rimanere in silenzio.
Dal punto di vista prettamente politico, la piazza è disomogenea, ma vede la collaborazione dei diversi partiti politici e movimenti giovanili, in nome di un obiettivo comune: far tornare Morsy sui suoi passi, o contrariamente chiederne le dimissioni.
Il fatto preoccupante è che a parte il Fronte Nazionale di Opposizione, troviamo anche i Feloul (appartenenti al vecchio regime), in piazza per lo stesso motivo. Si deve perciò sperare che l’opposizione sia capace di tenerli a debita distanza, evitando contatti con conseguenze che potrebbero risultare disastrose.
L’Egitto appartiene agli egiziani
Tutte le vicende potrebbero riassumersi in questa breve frase che fa da sfondo alla piazza. Ci troviamo di fronte ad un popolo che rifiuta le etichette religiose, sessiste e sociali. Non importa se musulmano, cristiano, ateo, uomo, donna, borghese, povero. “Siamo tutti egiziani e siamo tutti esseri umani pronti a riprenderci i nostri diritti e disposti a morire per la libertà del paese”. Il 25 gennaio ha reso gli egiziani consapevoli della forza dell’unione e dell’autorganizzazione, abbattendo un muro di silenzio, vessazioni, manipolazione.
Contrariamente a quanto si pensa ancora in Occidente, di fronte all’Italia, c’è un popolo che non è lontano da noi, un popolo che ha molto da insegnarci e poco da invidiarci.
In questi giorni piazza Tahrir ospita diverse tende. Il partito El .dustur guidato da M. Baradei, Tayar Sha’by guidato da H. Sabbahy, il movimento del 6 aprile, Kiffaya, i Giovani rivoluzionari, Socialisti rivoluzionari. Con molta probabilità il sit in si sposterà davanti al palazzo del presidente se questi non ascolterà le loro richieste. Il dato importante, è che dalla piazza si passerà alla disobbedienza civile.
Secondo quanto dichiarato dal Fronte Nazionale di Opposizione, nei prossimi giorni l’intero Egitto sarà paralizzato da una catena di scioperi senza precedenti.
I giornalisti hanno già scioperato, stampando sui quotidiani una sola pagina con frasi di solidarietà con il popolo, i canali erano invece oscurati. La facoltà di legge, ha chiuso le porte, studenti e professori sono in sciopero, dichiarando che l’Egitto non avrà più bisogno di uomini e donne di legge in quanto nessuno potrà contestare il Presidente e tutte le decisioni verranno prese da quest’ultimo.
Gli scioperi interesseranno poi i trasporti, pubblica istruzione, dottori, operai. La macchina si fermerà, e a questo bisogna aggiungere il rifiuto categorico dei giudici a supervisionare il referendum del 15 dicembre. I sindacalisti hanno infatti affermato che Morsy è soltanto impegnato ad eliminare il vecchio regime per vendetta personale, invece di garantire un salario minimo, condizioni di lavoro accettabili e sicurezza.
A guidare queste voci arrabbiate ancora una volta troviamo Kamal Abu Eta , attivista e leader degli scioperi di Mahalla del 2006 e 2008, più volte arrestato e torturato dal vecchio regime per il suo attivismo. Kamal è presente a Tahrir dal primo giorno di protesta.
Cerchiamo però di ricordare perché si è giunti a questo punto. Dopo la caduta del regime di Mubarak, il Consiglio Supremo delle Forze Armate (Scaf), guidato dal generale Tantawi (11 febbraio 2011), avrebbe dovuto garantire la sicurezza del paese in un delicato momento di transizione. Il risultato è stato un regime sanguinario e di terrore.
Il garante della sicurezza egiziana, ha difeso il popolo ordinando di sparargli addosso, trasformando lo stadio di Port Said in una macelleria. Tantawi è stato addirittura capace di cambiare il nome di via M. Mahmoud in Via degli Occhi della libertà, in memoria di quanti durante gli scontri con lo Scaf hanno perso la vista e la vita. Perché? Perché il popolo chiedeva un leader civile, e la fine del potere militare.
A questo punto si apre il sipario e inizia lo spettacolo dei burattini. Morsi, Fratelli musulmani, Salafiti, Scaf i protagonisti. Gli egiziani sono stati chiamati a votare per le parlamentari senza una Costituzione, sullo sfondo delle uccisioni ordinate da Tantawi. I più attenti udivano già il bisbigliare dei Fm e dei Salafiti che lentamente abbandonavano la piazza prendendo distanza dalle proteste contro lo SCAF, pianificando la vendita dell’Egitto e della rivoluzione.
In modo ridicolo, con giustificazioni che sfiorano il comico, tutti i canditati che godevano di un grande appoggio popolare sono stati buttati fuori dallo Scaf. I Fm e i Salafiti hanno ottenuto la maggioranza dei seggi in parlamento. Se questo fosse stato il volere del popolo, sicuramente piazza Tahrir non si sarebbe riempita nuovamente, e gli egiziani non avrebbero avuto motivo di marciare fino al palazzo presidenziale per dire : No!
L’immagine è chiara: ci troviamo di fronte al ritorno di Mubarak, questa volta con la barba.
Il decreto costituzionale ha sbattuto in faccia agli egiziani l’accordo tra lo Scaf e i Fm.
I Fm hanno ottenuto la maggioranza in parlamento e Morsi è diventato presidente, Tantawi ha lasciato la scena in modo glorioso, ricevendo gli onori, rimanendo impunito, un assassino dalla pensione d’oro. Morsy vuole un nuovo processo per i responsabili dei martiri della rivoluzione e quindi Mubarak e co., ma non ha menzionato lo Scaf. I Fm inoltre, godono di un importante appoggio finanziario dall Arabia Saudita e molti membri sono importanti uomini d’affari.
Cosa ci si deve aspettare oltre ad un nuovo dittatore pronto a rubare l’Egitto? L’egitto è degli egiziani.
Nena News