L’accordo separato, nasce il “modello Pomigliano”
Alla fine l’accordo separato si materializza. Lo firmano i sindacati che avevano già detto sì alla Fiat – Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl – ma non la Fiom che ribadisce la sua opposizione. E’ un testo «irricevibile» che «pone probblemi seri di contrasto con la Costituzione», spiega Enzo Masini, coordinatore nazionale Fiom-Cgil per il settore Auto mentre per Farina, segretario della Fim, l’accordo invece «assicura il lavoro a Pomigliano d’Arco e mette in sicurezza il progetto della Fiat per l’aumento della produzione di auto in Italia». Ora si passa al referendum tra i lavoratori, fissato per martedì 22 giugno, e quello sarà uno dei passaggi decisivi perché l’azienda si attende un’adesione massiccia al proprio documento, almeno «un’ampia maggioranza» che permetta di disinnescare qualsiasi elemento di disturbo da parte della Fiom. «Ma quel referendum è illegittimo perché verte su diritti indisponibili, dicono in Fiom, e noi non daremo alcuna indicazione di voto per rispetto ai lavoratori stessi».
Ai fini di limitare le azioni della Fiom risponde anche l’unica concessione fatta dalla Fiat ai sindacati, cioè l’inserimento nel documento di un sedicesimo punto che riguarda l’introduzione di una commissione paritetica azienda-sindacati per verificare le inadempienze all’intesa e l’esistenza degli estremi per eventuali sanzioni. In realtà, il punto prevede che in caso di dissensi all’interno della commissione sia comunque l’azienda a decidere. Ma il passaggio cruciale è un altro: lì dentro, secondo la Fiat, è contenuta la “clausola di praticabilità” dell’intesa, cioè l’individuazione di uno «stratagemma legale che renda l’intesa inattaccabile da Fiom». E’ chiaro che la Fiom, o anche un singolo lavoratore, possono provare a contestare l’accordo siglato, ad esempio impugnando le norme palesemente anticostituzionali – che per Cofferati ledono anche il Trattato europeo di Lisbona – come quelle che limitano l’esercizio del diritto di sciopero. Per questo, ci spiegano dall’azienda, «andranno fatte verifiche tecniche e legali per permettere all’intesa di andare avanti».
L’accordo apre una nuova fase delle relazioni sindacali. Per la Fiat, e per il governo, il sì all’accordo rappresenta infatti la garanzia che “lo stile” dell’intesa siglata faccia tendenza. E non si tratta solo dell’introduzione del cosiddetto World Class Manufacturing (Wcm), cioè il coinvolgimento di tutti i lavoratori in una produzione più efficiente e meno costosa (sul modello ideato da Toyota) utilizzando il miglior stato dell’arte a livello mondiale. Quei princìpi sono stati già applicati, sia pure parrzialmente, a Melfi. La trattativa, in effetti, non è mai stata solo “sindacale”, perché se si fosse andata a vedere la posizione Fiom questa avrebbe permesso all’azienda di portare a casa i 18 turni, un aumento dello straordinario e anche la disponibilità a discutere di riorganizzazione produttiva.
Ma Pomigliano, come spiega il ministro Sacconi, deve «fare scuola». «Una volta passato, questo modello – dice Giorgio Cremaschi, della sinistra Cgil – le aziende faranno la fila per imitarlo e quindi per stringere a un angolo lavoratori e sindacato». Porre fine all’anomalia Fiom è stato l’obiettivo dell’azienda fin dall’inizio e l’attenzione alla “clausola di praticabilità” dell’accordo, dimostra che il punto dolente resta ancora quello.
Ora si andrà al referendum ed è prevedibile che di fronte alla domanda “vuoi lavorare o essere licenziato?” la risposta sarà univoca. E sarà un referendum che farà storia e segnerà un passaggio epocale nelle relazioni industriali in Italia e nella vita stessa del sindacato.