Note di Prima Vera
Attenzione a queste citazioni. Non correggetele. Sono scritte così. “Avolte almatino mi also e mi guardo intorno ma vedo solo tristesa nelmio cuore cene tristesa io sento detro dime lerose muoiono il uceli cadono dalcelo sano ceo tanta tristesa e lacrime cesendano dei miei oci malasperansa mida vita e forsa di vita e forsa di vita di vivere”.
L’autrice si chiama Nadia Cari. E’ una Sinta (Maroni direbbe: una zingara) italiana che si ostina a scrivere prima ancora di avere imparato a scrivere, mentre il Comune in cui vive (Chiari, vicino a Brescia, sindaco il leghista sen. Mezzatorta) le cancella la residenza, la scuola dei bambini, l’ospedale per il bambino che deve nascere e costringe la famiglia a vagare con un furgoncino per tutta la provincia.
Nadia Cari, tra il prima e il dopo della nascita dell’ultimo piccolo (sono cinque) scrive, scrive, scrive e il suo titolo è Prima Vera, (GAM Editrice, Rudiano, con il sostegno del Tavolo della Pace Franciacorta di Monte Orfano).
“Sai io vorei tanto sapere secuesto il bro sifara, non iporta sedevo aspetare.” scrive Nadia, come tutti gli autori impazienti, a chi ha curato il suo lavoro senza aggiungere il suo nome. Sulla copertina c’è un bellissimo fiore disegnato dall’autrice. Niente nel libro dice che la famiglia Cari è stata all’improvviso privata del certificato di residenza, che le hanno distrutto la casetta di legno prefabbricata della Caritas, dove vivevano in pace, e tutto ciò a cura di un senatore italiano. Ma lei scrive “Pertante ore mifermerei un prato belprato pieno di alberi e di fiori mi riposerei e unaltro viago farei poi ancora: La vita e cosi…”
La traduzione umana e politica di questa splendida storia (che, per prima, mi ha raccontato la collega del “Fatto” Elisabetta Reguitti) la trovate in Sulla pelle dei rom, il piano nomadi della giunta Alemanno di Carlo Stasolla, Edizioni Alegre. Contiene una ricostruzione accurata della strategia di persecuzione dei rom nell’Italia leghista-fascista. E offre un suggerimento: provate a sostituire ad ogni documento comunale, leghista o fascistoide sulla distruzione dei campi nomadi la parola “ebreo” alla parola “rom”. Fra le carte del Comune di Roma se ne trova anche una intitolata “La soluzione finale”, che sarebbe Roma liberata finalmente e completamente dai nomadi.
E’ a questo punto delle mie letture che mi è venuta incontro La ragazza con la fisarmonica(Edizioni SEB 27 a cura di Antonella Romeo). E’ il libro-memoria di Esther Béjarano che il musicista e grande artista della fisarmonica Gianni Coscia ha voluto inviarmi, (un dono bello e importante) dopo aver trascorso il Giorno della memoria ad accompagnare con la sua fisarmonica di esecutore celebre la voce intatta della ormai leggendaria sopravvissuta di Auschwitz, 88 anni. E così tanti ad Alessandria hanno ascoltato Esther, la giovanissima ebrea, che, nelle pause del lavoro del campo di sterminio (spaccare e portare pietre) cantava canzoni Sinti e Rom (“Non mi svegliate, non voglio capire il mondo”) e suonava la fisarmonica per le sue compagne destinate a morire come lei. Un modo per sapere che la memoria non è solo memoria.