Quattro ragioni per cambiare la Cgil
La Rete28Aprile ha deciso di sostenere il documento “La Cgil che vogliamo” sulla base di una scelta meditata e costruita con una larga consultazione.
Dopo il direttivo nazionale della Cgil, ove la maggioranza ha rifiutato di mettere all’ordine del giorno lo sciopero generale entro la fine dell’anno, dovrebbe essere chiaro quali sono le differenze reali tra le diverse posizioni. Tuttavia è giusto ribadire le ragioni di fondo di questa scelta, che sono almeno quattro: (…)
1. Il documento alternativo a quello di Guglielmo Epifani chiede un profondo cambiamento nelle scelte e nei comportamenti della Cgil. E’ quello che la Rete rivendica da quando si è costituita. I no della Cgil alla controriforma del sistema contrattuale e alle scelte economiche e sociali del governo non possono rimanere casi a sé stanti. Essi invece devono produrre una politica comune di tutta la confederazione e questo è proprio quello che sinora non è avvenuto.
Il documento alternativo dichiara con chiarezza che la Cgil deve considerare conclusa la lunga fase della concertazione e deve ricostruire una libera capacità di contrattazione, senza vincoli né a livello nazionale né a livello aziendale. Una scelta di autonomia che ha lo scopo di far crescere il salario reale senza scambi sulla produttività. Di estendere i diritti, e lottare contro la precarietà, per migliori condizioni di lavoro e di vita. La scelta del superamento della concertazione è l’asse strategico sul quale sinora ci siamo mossi e sul quale, invece, non si attesta l’attuale maggioranza della Cgil. Questo sia nei comportamenti concreti di diverse categorie e strutture, che nei fatti si muovono in una logica parallela e subalterna all’accordo separato sul sistema contrattuale preparandosi ad accettarlo o a subirlo; sia perché la Cgil continua in una linea che esclude dal conflitto la Confindustria e il sistema delle imprese, concentrando unicamente sul governo le proprie critiche. E’ questo un punto di profondo disaccordo. E’ giusto lottare contro la politica economica del governo Berlusconi, ma è un errore gravissimo ignorare che essa è ispirata dalla Confindustria e dal sistema delle imprese e, quando viene da esse criticata, ciò accade perché si vuole una politica ancora più contraria agli interessi del mondo del lavoro. Così come è sbagliato dimenticare che i danni che il liberismo ha fatto al mondo del lavoro in Italia si sono accumulati in più di vent’anni di politiche di concertazione.
Per questo la scelta della contrattazione e del conflitto e la conseguente richiesta alla Cgil di cambiare rispetto al modello concertativo, rappresentano un punto di partenza fondamentale per superare la crisi attuale del sindacato e fronteggiare l offensiva del padronato.
2.Il documento alternativo sceglie con chiarezza, senza ambiguità o contraddizioni del testo di maggioranza, la democrazia sindacale fondata sul referendum per le piattaforme e gli accordi, e sulla partecipazione reale delle lavoratrici e dei lavoratori alle scelte sindacali. A parole tutta la Cgil condivide questa scelta, nei fatti non è così. E il rigore democratico della mozione alternativa rappresenta un punto fermo indispensabile per costruire una nuova fase di contrattazione e. La priorità data alla democrazia chiarisce anche, senza equivoci, la questione dell’unità sindacale. Il documento alternativo considera la democrazia condizione vincolante per l’unità sindacale e così supera definitivamente incertezze e confusioni che ancora oggi fanno sì che la Cgil abbia comportamenti assolutamente contraddittori e a volte subalterni a Cisl e Uil.
3.Il documento “La Cgil che vogliamo” reclama con nettezza la sburocratizzazione dell’organizzazione. Il che significa il decentramento delle risorse verso il territorio, l’accorpamento dei sindacati di categoria, maggiori spazi di potere e consultazione, anche in forme nuove, per i delegati e gli iscritti.
Si deve ricostruire, accanto alla democrazia di tutti i lavoratori sulle piattaforme e sugli accordi, la democrazia degli iscritti nella vita interna dell’organizzazione.
E’ necessaria una Cgil davvero vicina in ogni momento alle sofferenze, ai problemi, alle lotte concrete delle lavoratrici e dei lavoratori, dei disoccupati e dei precari, delle pensionate e dei pensionati. Questa scelta deve fondare la totale indipendenza della Cgil dagli schieramenti politici e ancor di più dai partiti. La Cgil che vogliamo non è indifferente alla politica e alle scelte dei governi, ma non fiancheggia nessuno, né concorre alla formazione di partiti e movimenti, magari per collocare in essi i propri dirigenti.
4.“La Cgil che vogliamo” sceglie in modo chiaro e deciso la pace e il ripudio della guerra, secondo l’articolo 11 della nostra Costituzione. Questo significa oggi, in primo luogo, il ritiro delle truppe italiane dalla guerra dell’Afghanistan. Al contrario il documento della maggioranza compie pesanti arretramenti anche rispetto alle posizioni comuni dell’ultimo congresso e vorrebbe schierare la Cgil a favore del multilateralismo militare.
Questi punti costituiscono l’asse dell’impegno della Rete28Aprile in questi anni in Cgil. Che essi siano contenuti chiaramente nel documento alternativo rappresenta anche un risultato della nostra iniziativa. Naturalmente il documento nasce dall’incontro di forze ed esperienze molto diverse. Per questo in esso non sono contenute tutte le scelte per le quali ci siamo battuti.
Poi continuiamo a rivendicare un meccanismo che garantisca automaticamente il recupero salariale di fronte all’inflazione, posizioni più nette sulla riduzione dell’orario e sul reddito sociale, una critica di fondo al capitalismo liberista, alle privatizzazioni, ai fondi pensione e ai fondi sanità. Su questi e altri punti le posizioni all’interno del documento alternativo non sono complessivamente uguali alle nostre. Tuttavia già ora il documento alternativo apre la via a piattaforme più avanzate. Se esso si affermasse in Cgil, allora ci sarebbe spazio anche per far avanzare tutte le nostre posizioni.
E’ comunque decisivo che una delle forze portanti dello schieramento alternativo a quello guidato da Guglielmo Epifani, sia costituita dalla maggioranza della Fiom.
Che la Fiom in questi anni abbia costituito in Cgil il polo del conflitto e della democrazia non può essere negato in buona fede da nessuno. Che a questa esperienza si affianchino oggi quella della Funzione pubblica, quella dei bancari, quelle di territori e gruppi dirigenti diversi, dovrebbe essere considerato un segnale positivo di rinnovamento che viene proposto a tutta la confederazione.
E’ invece stupefacente che forze e gruppi dirigenti, che in tutti questi anni hanno criticato la Cgil della concertazione, si schierino ancora a difesa della continuità con il passato. E’ stupefacente che, vista l’esperienza sindacale reale di questi anni e di oggi, si preferisca difendere la Cgil più istituzionale e moderata invece che diffondere le esperienze più avanzate. Se si esce dal mondo chiuso delle dinamiche burocratiche e autoconservative dei gruppi dirigenti, diventa lampante che il successo del documento alternativo e delle forze che lo sostengono darebbe un segnale di speranza, forza e combattività a tutto il mondo del lavoro.
Per queste ragioni, con la nostra cultura e le nostre scelte, sicuri di partecipare a un processo di rinnovamento della Cgil che serve a tutto il mondo del lavoro, noi sosteniamo con convinzione, a partire da tutti i luoghi di lavoro, il documento “La Cgil che vogliamo”.
Rete28Aprile
Roma, 2 dicembre 2009