Quel che resta del Social forum
L’applauso ai volontari che hanno lavorato in queste settimane per la riuscita dell’evento – in particolare per le/gli interpreti di Babel e Coati – ha chiuso l’assemblea finale di «Firenze 10+10». Oltre 2000 persone sono passate per la Fortezza da Basso in questi 4 giorni – 800 sono quelle/i che vi hanno dormito, soprattutto giovani.
Decine di workshop, spesso partecipati da qualche decina di persone, ma non per questo meno interessanti, anzi talvolta più «produttivi» delle assemblee numerose, perché diretti alla costruzione di nuove reti o al consolidamento di quelle esistenti su molti temi: finalmente riparte un movimento europeo sull’acqua; si consolida intorno all’ICAN (International Citizen Audit Network) una rete continentale contro il pagamento del debito; si affaccia la rete degli economisti progressisti che propongono politiche alternative alla crisi. E ancora, si rilancia la rete dei migranti e, importante «novità», ha un grande successo l’incontro delle donne contro il debito e l’austerità.
L’assemblea finale registra il discreto successo di questo appuntamento, ma anche i suoi – forse altrettanto grandi – limiti politici.
«Firenze 10+10» si chiude con un «documento finale» necessariamente scarno e che si limita a dichiarare la volontà di iniziative e mobilitazioni comuni, indicandone alcune su cui le reti dovranno impegnarsi.
A partire dalla valorizzazione dello «sciopero generale europeo» del 14 novembre (anche se purtroppo non è davvero tale…) e dalla condivisione di una mobilitazione nelle giornate del 22/23 marzo in occasione del vertice europeo a Bruxelles (con modalità ancora da definire – se con manifestazione europea o con appuntamenti nelle varie città europee), si «offrono» ai movimenti europei una serie di giornate e appuntamenti che possano vedere la convergenza e la mobilitazione comune delle diverse realtà europee (e non solo): il 18 dicembre giornata per la libertà di circolazione delle/dei migranti; dal 23 al 27 gennaio 2013 le giornate contro le banche e la finanziarizzazione della vita e dei beni comuni (volute con forza dalle reti contro il debito, tra le quali un ruolo importante lo ha giocato anche la Campagna italiana per una nuova finanza pubblica di cui fanno parte Rivolta il Debito, ReCommon, Attac e Smonta il debito); un 8 marzo contro il debito e le politiche di austerità- che colpiscono in particolare le donne e rafforzano il patriarcato; in maggio ancora Blockupy Frankfurt; tra maggio e giugno l’Alter Summit ad Atene e infine in giugno il controvertice G8 in Gran Bretagna. E in mezzo il Forum Sociale Mondiale a Tunisi dal 23 al 26 marzo.
Sembrerebbe davvero poco – e allo stesso tempo una previsione di troppi appuntamenti che rischiano di non avere seguito – dopo tutte quelle ore di discussione e approfondimenti, e per certi versi non rappresenta la qualità e la radicalità delle stesse discussioni.
Un documento simile è evidentemente il frutto di un compromesso – anche se a molte/i potrebbe non piacere questo concetto, e preferiscono utilizzare quello del «consenso».
Ma questo consenso è stato in qualche modo «imposto» dai soggetti più moderati e talvolta più grandi e organizzati – in particolare i sindacati legati alla Ces (con la Cgil in prima fila) e le forze politiche e associazioni legate alla sinistra europea e alle «socialdemocrazie».
In particolare è stato il circuito del «Alter Summit» (formato da sindacati confederali, gruppi della sinistra europea moderata, oltre a reti più radicali e interessanti) a mostrare i muscoli: una loro assemblea è stata tra le più partecipate, ma anche la più tradizionale, con interventi di personaggi politici (magari con messaggi letti in sala), sindacalisti e così via – come fosse un «forum» parallelo che volesse dare la linea a tutti, nella forma della passerella dove tutto era già visto e già deciso.
Una proposta di documento più ampio, che tenesse conto delle discussioni e delle convergenze raggiunte in ogni asse tematico è stato bloccato da queste forze moderate – che hanno appunto lavorato ad un consenso per sottrazione (per esempio cercando in tutti i modi di evitare una dichiarazione di non volontà di pagamento del «debito illegittimo»).
Come prevedibile la Cgil ha giocato un ruolo di primo piano – conseguente alla sua «doppiezza» che la fa presentare come soggetto di movimento in Europa mentre svolge un ruolo di freno allo sviluppo delle mobilitazioni contro l’austerità e il debito in Italia (la sua orgogliosa rivendicazione di sciopero generale … di 4 ore, è stata accolta da diversi soggetti europei con ironia e scandalo).
Un ulteriore limite critico è la mancanza di un profondo ricambio di «leadership» di movimento, evidente in particolare tra gli italiani (troppe le facce già in primo piano 10 anni fa…), quando in questi ultimi anni si sono affacciate nuove esperienze come quelle dei diversi «indignad@s» e dei vari «Occupy», poco disponibili a farsi «rappresentare» da vecchi marpioni del «ceto politico di movimento».
Malgrado questi limiti, in qualche modo già prevedibili, l’appuntamento fiorentino non è stato tempo sprecato. Da una parte alcune giornate di iniziativa previste possono davvero favorire nuove convergenze o consolidarne altre già esistenti, alcune di esse anche con un carattere più di movimento e di rottura (pensiamo a Blockupy Frankfurt, che ripropone l’assedio alla Bce, o alle giornate contro le banche e la finanziarizzazione della vita e dei beni comuni).
D’altro canto i risultati delle discussioni dei singoli assi tematici non dovrebbero andare persi, ma potrebbero produrre nuove iniziative e maggiore capacità di scambio di esperienze e di lavoro comune per molti soggetti più interessati a un impegno dal basso e alla sviluppo di un vero movimento europeo e di una nuova radicalità.