Rosaria Grillo, la «desaparecida» napoletana scomparsa in Argentina
Da tempo ripensava a Napoli Rosaria Grillo. Aspettava di tornare di lì a poco nella città in cui era nata: la situazione, a Buenos Aires, stava diventando troppo pericolosa. E poi non vedeva l’ora di far conoscere i parenti lontani a suo marito Venancio, a cui aveva già insegnato qualche parola in dialetto. Forse stava sognando il sole e il cielo della sua città. Cielo del sud, così simile eppure così diverso da quello argentino. I colpi alla porta la svegliarono di soprassalto, come ti sveglia un incubo.
Aveva venticinque anni, non è mai arrivata ai ventisei. Nella notte fra il 13 ed il 14 settembre 1976 Rosaria e suo marito sono scomparsi nel nulla, nello stesso buio che ha inghiottito migliaia di desaparecidos durante il regime del generale Jorge Rafael Videla. Sono sepolti in un cimitero immenso eppure invisibile, dove nessuno mai potrà andare a piangere e a posare un fiore. Li ricorda un magistrato napoletano, Pino Narducci. Lo fa in El minuto (Edizioni Alegre, da oggi in libreria), un volume in cui ricostruisce la storia di Rosaria e di alcuni suoi compagni di origine italiana. El minuto: sessanta secondi, il tempo che anche lei, come gli altri, tentò di darsi per trovare uno straccio di strategia da opporre ai soldati che irrompevano in casa. Erano tutti militanti nella Juventud guevarista, un movimento che si opponeva alla dittatura militare in Argentina tra il 1976 ed il 1983.
Per anni pm a Napoli, in prima fila nella lotta alla camorra, quindi titolare dell’inchiesta su Calciopoli, Narducci ha avuto una breve esperienza nell’amministrazione del sindaco de Magistris. Oggi è tornato alla sua professione, è presidente del tribunale del riesame di Perugia. «Ho deciso di scrivere questo libro per riparare, nel mio piccolo, al torto che l’Italia ha fatto ai desaparecidos dimenticandoli. Un silenzio a volte complice. C’erano rapporti inconfessabili fra il regime e, ad esempio, la P2», spiega Narducci.
Un’indagine in puro stile giudiziario. Comincia una sera a Roma. Chiacchierando con il giornalista argentino Pablo Llonto, il magistrato sente parlare per la prima volta di Rosaria Grillo e dei suoi compagni. «Avvertivo che, trascorsi quarant’anni, fosse ormai maturo il tempo per far conoscere, in Italia innanzitutto ma anche agli argentini, una straordinaria pagina di storia personale e collettiva», scrive l’autore di El minuto. Che aggiunge: «Rosaria era napoletana, come me. Ho l’immagine di una giovane inconfondibilmente partenopea. Solo una ventenne di questa città poteva alzarsi dal tavolo durante un’arroventata discussione politica per preparare il pranzo ai suoi compagni dissidenti. Solo una napoletana poteva mostrare la stessa comprensione, lo stesso calore nei rapporti con gli amici e i parenti».
Comincia così l’indagine del giudice-scrittore. Con alcuni collaboratori parte praticamente da zero. Vola in Argentina alla ricerca di possibili testimoni, di cui spesso non ha indirizzi né numeri di telefono. Raccoglie informazioni spulciando vecchi rapporti di polizia. «Ci siamo anche affidati al web», racconta Narducci. «Tramite social network e un sito dedicato ai desaparecidos, abbiamo lanciato appelli su appelli. Ma il grosso delle informazioni lo abbiamo raccolto grazie a un provvidenziale passaparola circolato a Buenos Aires». Molto ha potuto anche Facebook, attraverso il quale il «detective» ha trovato altri testimoni e parenti delle vittime. Ed ecco che, poco a poco, fra le altre, comincia a delinearsi la figura di una ragazza che aveva lasciato Napoli a due anni con la famiglia, per andare a vivere e a morire in Argentina. Sappiamo che Rosaria fa parte, insieme a suo marito, della Juventud guevarista che si oppone alla dittatura. Sappiamo anche, attraverso i ricordi del padre, delle fasi convulse dell’arresto della figlia e del genero. Da quel momento, l’unica testimone ad aver visto la giovane ancora in vita è un’americana, Patricia Erb, anche lei arrestata e internata nello stesso campo di concentramento di Rosaria. Sfuggita alla morte grazie all’intervento delle autorità statunitensi e tornata in patria subito dopo la liberazione, ricorda Rosaria provata nel fisico e impaurita. Le è rimasto impresso un dettaglio: la ragazza, osservandole la pancia, sembra incinta di qualche mese. È nato, quel bambino? Che fine ha fatto? È morto o è ancora vivo? Domande a cui nemmeno Narducci riesce a rispondere. Così come non si conoscono le circostanze precise della morte di Rosaria. L’autore azzarda solo una tremenda ma plausibile ipotesi: «Quasi certamente [Rosaria e i suoi compagni, n.d.r.] dopo essere stati lungamente torturati […] nell’ottobre del 1976 furono caricati su un aereo e, ancora in vita, buttati nel Rio de la Plata o nell’Atlantico».
L’indagine di Narducci finisce qui. La morte di Rosaria non ha trovato giustizia, nonostante per anni suo padre abbia chiesto che fosse fatta luce sulla scomparsa della figlia: nulla hanno fatto le autorità argentine. Quelle italiane hanno avanzato richieste di informazioni sui desaparecidos originari del nostro Paese: tra i nomi c’era anche quello di Rosaria, ma non ci sono state risposte esaurienti. Questo libro vuole anche e sopratutto fornire nuovi elementi per un’indagine giudiziaria, non solo storico-letteraria, che i familiari di Rosaria e di tante altre vittime invocano da tempo.
Ed eccola, la rivoluzionaria partenopea in Argentina. «Sembra impossibile che pochi giorni fa abbiamo parlato per telefono e, mentre parlavamo, stavamo tutti piangendo dall’emozione», scrive testualmente alla cugina a Napoli, nel 1972. «…La fotografia l’ho ricevuta e l’ho messa sopra il mobile, la faccio vedere a tutti quelli che vengono a casa. Mi domandi come si chiama il mio fidanzato. Si chiama Venancio Domenico Basanta, sempre mi dice che, quando ci sposeremo faremo il viaggio di nozze in Italia… Sta anche imparando a parlare in napoletano e capisce abbastanza bene perché mamma gli parla sempre in dialetto. È molto sfizioso sentirlo parlare». Parole semplici, luminose, calde. Un barlume di luce napoletana che rischiara appena il buio di un’atroce notte argentina.
*Fonte: http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/arte_e_cultura/17_aprile_20/rosaria-grillo-desaparecida-napoletana-scomparsa-argentina-f0502eba-259f-11e7-860c-caa890033965.shtml?refresh_ce-cp