Silvio (speriamo) che non ce la fa
Sembra dunque che Berlusconi stia affogando o, più semplicemente, come titola Il Riformista «Silvio non ce la fa». Il Cavaliere è «accerchiato e pessimista» secondo il retroscena del Corriere a firma di Verderami – giornalista di punta ed esperto della destra – e deve vedersela con i tanti dossier che lo costringono addirittura a dormire poco e quindi ad addormentarsi di giorno. Cappellini, vicedirettore del Riformista, elenca i guai: il divorzio da Veronica Lario sarebbe in cima ai suoi pensieri, Fini lo ha costretto a un ddl che non gli serve e che crea una montagna di polemiche, la Lega lo ha costretto a incrinare l’asse con Fini, Tremonti è costretto a fronteggiare una “guerriglia” al Senato da parte dei finiani – che hanno votato insieme all’opposizione gli emendamenti dell’ex viceministro Baldassarri (vedi Ugo Magri sulla Stampa a p. 1) e litiga di brutto con Brunetta e gli altri ministri. Infine, Casini non ne vuol sapere di rientrare nel Pdl e anzi lo attacca a testa bassa definendo «una porcheria» il ddl sul processo breve. Repubblica ci fa l’apertura ma tutti gli altri giornali gli dedicano molto spazio. Insomma, un governo sotto assedio con un Berlusconi «logorato da Fini» (Il Giornale), sempre in bilico tra la resistenza a oltranza e la scelta delle elezioni anticipate a marzo (Milella, Repubblica a p.4 ma soprattutto Cossiga in un’ampia intervista al Giornale spinge per questa soluzione).
Il benservito del Corriere
L’accerchiamento riguarda anche la grande stampa con il prudente Corriere della Sera che stavolta fa parlare i «giuristi moderati» come Armaroli e Baldassarre, preoccupati delle conseguenze e il Sole 24 Ore che compila l’elenco più minuzioso e allarmato dei reati che beneficeranno delle nuove norme previste dal ddl Gasparri-Quagliarello-Bricolo. Ma il quotidiano di via Solferino affonda il colpo più duro affidando all’editoriale di Sergio Romano l’insofferenza del “salotto milanese”: «Il maggiore ostacolo sulla strada della riforma (che Romano ritiene prioritaria, ndr) è ormai rappresentato dal numero delle leggi ad personam approvate negli ultimi anni». E conclude: «Silvio Berlusconi è ancora il presidente del Consiglio (…) ma non può essere l’arbitro del grande dibattito parlamentare necessario alla riforma della giustizia. Per ottenere uno scopo limitato e personale ha privato l’Italia di ciò di cui ha maggiormente bisogno». Insomma, se si togliesse di torno, l’Italia potrebbe intraprendere un cammino di riforme e di modernizzazione sempre più necessario. Con quali equilibri?
Sulla Stampa, Marcello Sorgi sottolinea, già nel titolo, l’ipotesi di un asse tra Casini e Fini. Concetto ripreso dal principale notista politico italiano, Stefano Folli, che sul Sole 24 Ore ventila una possibilità (pur senza averne le prove): Casini abbatte il ddl sul processo breve, che salva Berlusconi, promettendo però al Pdl la disponibilità su una legge Costituzionale che ricalchi il lodo Alfano. Sembra una mossa, dice Folli, che sacrificando la vicenda personale del Cavaliere, offre al quadro politico un nuovo equilibrio per un dopo. Magari un governo Fini-Casini con appoggio esterno del Pd?
Ulteriori problemi giudiziari, tra l’altro, Berlusconi potrebbe averli dalla vicenda della banca di famiglia ArnerBank a cui darà ampio risalto la prossima puntata di Report. Ne parla il Riformista a p. 2 ricordando la vicenda di uno dei fondatori della ArnerBank, Nicola Bravetta, arrestato nel 2008 per una storia di riciclaggio di soldi della mafia all’estero. Nella Arner ci sono i figli di Berlusconi, Marina e Piersilvio mentre i pm che indagano sul riciclaggio sono Scarpinato e Ingroia. E quest’ultimo, guarda caso, è stato oggetto di un duro attacco nell’editoriale del direttore del Tg1, Augusto Minzolini, di qualche giorno fa.
Il NoBDay
L’opposizione “democratica” intanto continua a non trovare una bussola efficace. Di Pietro e la piazza dei blogger, con l’adesione di Beppe Grillo, manifesterà il 5 dicembre nel NoBDay, dove B sta per Berlusconi. In piazza anche Prc e Pdci in una manifestazione nata dalla rete, precisamente su Facebook, dai vaghi contenuti sociali e che, evidentemente, ruoterà attorno alle vicende giudiziarie del premier. Il Pd continua a non aderire anche se ha iniziato a dire – vedi Repubblica p. 5 – che «non bisogna snobbare la piazza» sapendo che il 5 dicembre molti dei suoi militanti ed elettori saranno a Roma a piazza Navona. Lunedì Bersani riunirà i segretari regionali e poi la Direzione nazionale e non è escluso che le cose cambino.
Chi intanto si mobilita subito è la Cgil che oggi scende in piazza. Il suo segretario, Guglielmo Epifani, firma l’editoriale su Liberazione: «Torniamo in piazza per mostrare il paese reale» contro le illusioni di una facile uscita dalla crisi. Vedremo le dimensioni della manifestazione e soprattutto se sarà in grado di determinare una dinamica reale di movimento e opposizione, cosa che a oggi è del tutto aleatoria.
Sinistra senza spina (elettrica)
Alla sinistra del Pd da segnalare il congresso dei Radicali di cui danno notizia il Sole 24 Ore a pagina 14 ma anche Gli Altri (il quotidiano diretto da Sansonetti) e Terra. I radicali sembrano ritrovare lo spazio di un’alleanza laico-verde-socialista almeno a giudicare dagli interventi di grande apertura fatti al loro congresso dal nuovo presidente dei Verdi, Bonelli, dai socialisti Zavattieri e Riccardo Nencini. Quest’ultimo, tra l’altro, si è presentato a Chianciano dopo aver staccato la spina – letteralmente! – a Sinistra e Libertà a cui è stato oscurato il sito web, di proprietà dei socialisti. Del possibile naufragio di SeL troviamo ampio spazio sul manifesto con un articolo di Matteo Bartocci che oltre a informare dell’addio del Ps informa anche di una spaccatura interna agli ex Ds di Mussi e Fava divisi sulle strade da intraprendere in relazione al nuovo Pd di Bersani (dentro o alleati da fuori?). E del Pd e di quel partito della sinistra che ancora non c’è parla anche Bertinotti intervistato da Andrea Fabozzi sempre sul manifesto (p.3). L’ex presidente della Camera non si sbilancia ma sembra attendere un piccolo segnale dal Pd per poter dire ai suoi che quello è l’approdo più consono.
Sull’altro lato dello schieramento di centrosinistra, sempre il manifesto (p.2) dà notizia di un faccia a faccia riservato tra Nichi Vendola e Casini per avere l’appoggio di quest’ultimo alle regionali in Puglia mentre il Corriere della Sera scrive di un tentativo di Alemanno di guadagnarsi l’appoggio della scissione rutelliana alla candidatura nel Lazio di Renata Polverini.
Il caso Cucchi e le responsabilità delle vittime
Gli avvisi di garanzia sono dati con risalto da tutti i giornali, con il Messaggero di Roma che ci apre il giornale (mentre il Tempo intervista Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano). Ma le cose potrebbero essere meno semplici di quanto appaia ora con il ministro della Difesa, La Russa, che si dice «sollevato» perché l’inchiesta esclude i carabinieri. Giovanni Bianconi, sul Corriere, ricorda che la testimonianza che, al momento, accusa gli agenti di polizia penitenziaria è quella di un immigrato clandestino il quale potrebbe ritrattare o addirittura essere spinto a cambiare versione. Mentre gli inquirenti escludono i carabinieri solo perché non hanno alcuna prova al momento, non certo per fare un piacere a La Russa. Sul caso Cucchi va segnalato un ulteriore vergognoso commento, stavolta da parte di un autorevole commentatore come Sergio Romano che nella sua rubrica delle lettere sul Corriere della Sera, contesta il fatto che, nel caso Cucchi come nel caso Giuliani a Genova, si cancellino sempre «le responsabilità della vittima» senza specificare però quali responsabilità avrebbe avuto il geometra romano (Giuliani, si sa, quella di voler tirare un estintore vuoto a una camionetta dei carabinieri…).
Sul piano giudiziario va segnalato anche il caso Battisti che si dice pronto allo sciopero della fame totale per cercare di influire sulle decisioni della Corte Suprema: su Liberazione troviamo un’intervista a Tarso Genro, firmata da Paolo Persichetti, in cui il ministro brasiliano accusa le ingerenze del nostro paese e definisce l’Italia «autoritaria».
E mentre Palermo è sommersa dai rifiuti, in particolare Bagheria, dalla quotidiana rubrica “Buongiorno” de la Stampa, firmata da Massimo Gramellini, apprendiamo che è stata rimossa la scorta al capitano Ultimo, colui che arrestò Riina e che per scortarlo nei suoi soggiorni a Palermo, i suoi colleghi si sarebbero organizzati prendendo appositamente delle ferie e tassandosi per la benzina in modo da garantirgli una scorta autogestita. L’autogestione è possibile, dunque, anche nel cuore dello Stato.