“Una rivoluzione in marcia”
In questa intervista John Rees (ex leader della formazione inglese Respect, animatore di Counterfire.org) descrive la situazione dalla Plaza di Tahir, El Cairo, sulla rivoluzione egiziana; il suo futuro e il significato per il Medio Oriente.
Parlaci della manifestazione di oggi in Piazza Tahir
Il concentramento è stato stamattina alle 10. Avrebbe dovuto durare fino alle 2. Invece ora sono le 9 e già la piazza è gremita di gente – la gente canta in coro, si raduna in gruppi per discutere di politica, c’è chi si alza per fare discorsi, c’è gente in tutta la piazza.
Ma per certi versi, è solo uno degli sviluppi della giornata. In tutta città del Cairo, a ogni incrocio nel cuore della città si trovano le milizie popolari che gestiscono il flusso del traffico e della popolazione. Probabilmente c’è un carro armato ogni venti incroci, le milizie sono presenti ad ognuno di essi. La polizia è completamente scomparsa dalle strade, e la gente dei quartieri si è attrezzata per proteggersi dove vive.
Il regime ha voluto mostrare la sua forza facendo sorvolare da due caccia dell’Aeronautica Piazza Tahir. Ma a quanto vedo questo gesto ha solamente incoraggiato i manifestanti. Come mi ha detto un amico egiziano: “Loro controllano il cielo, noi controlliamo le strade”.
La gente in Piazza Tahir tiene presta attenzione al linguaggio “codificato” degli USA. Oggi Hilary Clinton ha parlato della “transizione a un regime democratico” in modo abbastanza esplicito. Questo significa che gli Americani stanno scaricando Mubarak?
Assolutamente si. Ormai da un paio di giorni è chiaro che sia il governo americano sia quello britannico stanno scaricando Mubarak. Al Cairo si dice che Mubarak stesso ormai non si trovi più in città, e che si è trasferito a Sharm-el-Sheik. Non so se è vero. Ma certamente credo che all’interno dell’élite il potere di Mubarak sta venendo meno, e altri personaggi si stanno affermando. Tutto ciò dipenderà da ciò che accadrà a livello diplomatico soprattutto con gli USA.
E se i militari si facessero custodi di una transizione di potere, mettessero Mubarak a bordo di un aereo e garantissero elezioni entro sei mesi? Basterebbe tutto quetsto per mettere a tacere le manifestazioni?
Non lo so. L’esperienza delle rivoluzioni passate insegna che la prima persona che si fa avanti come figura per la transizione non sono necessariamente quelle che alla fine del processo deterranno il potere. Ho fatto un servizio da Berlino durante la caduta del Muro, e c’è stato un breve momento in cui l’ormai-dimenticato Egon Krenz ha preso le redini del potere dalle mani dall’ex-leader e dittatore Erich Honecker, ma lo stesso Krenza è rapidamente scomparso dalla scena.
Poi in Indonesia, quando è caduta la dittatura di Suharto nel 1998, il potere è brevemente passato, se ricordo bene, al suo vice. Le rivoluzioni, quindi, sono eventi che portano a cambiamenti molto repentini, ma sono anche dei processi, in cui si sviluppano politiche diverse e gli attori che fanno parte del movimento si differenziano. Credo che ci troviamo soltanto nelle prime fasi della rivoluzione egiziana – dopo tutto, dobbiamo ricordarci che Mubarak è ancora al potere.
A Londra e in molte altre città stiamo vedendo l’entusiasmo suscitato da questi eventi. Credi che questo entusiasmo possa opporsi alla dura realtà, e cioè al fatto che gli Stati Uniti non possano permettere che un regime prenda il potere democraticamente, o un regime che agisca contro gli interessi dell’Israele? I manifestanti si rendono conto di tutto ciò?
Una delle migliori battute che gira tra la gente qui è che l’ultima linea di difesa per Mubarak non è l’esercito egiziano, l’IDS, ma la Israel Defence Force, l’esercito israeliano. Quindi la risposta è sì, al Cairo ci si rende conto di questa realtà.
La distanza in termini di politica estera tra ciò che pensa la gente e le politiche di Mubarak è talmente grande che la politica nei confronti dell’Israele potrebbe cambiare drasticamente. Cosa pensa la gente di questa eventualità?
Credo che la gente pensa che il mondo sta per cambiare. Si trovano sotto questa dittatura da 30 anni, c’è gente che ha subito stupri e torture in prigione, e le loro le famiglie uccise dal regime. Questa gente ha fatto qualcosa di assolutamente straordinario, e crede che tutto il mondo dovrà cambiare a causa delle loro azioni – e chi sa, forse avranno ragione.
Tutto questo potrebbe ridefinire completamente il rapporto tra l’Occidente e il Medio Oriente – le implicazioni sono stupefacenti.
E’ vero. L’unico equivalente contemporaneo sarebbero le rivoluzioni del 1989 in Europa Orientale o forse la Rivoluzione Iraniana nel 1979, anche se l’impatto al livello regionale sarà ancora maggiore di quella iraniana. Quando scoppia una rivoluzione nel paese più importante del Medio Oriente, che è la zona più sensibile di tutto il mondo, si cambiano tutte le regole del gioco.
Come credi che reagirà Israele? Cosa succederà con i confini della striscia di Gaza? I rapporti con Hamas?
Abbiamo già avuto un assaggio di quel che potrebbe succedere. Ieri la polizia egiziana è scomparsa dal valico di Rafah tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, quando si sono trovati di fronte ad alla sollevazione popolare dei Beduini. Quindi la questione dell’auto-determinazione nazionale, che si presenta in tutte le grandi rivoluzioni, si afferma in quella egiziana, proprio al confine con Gaza. Allora sì, questi rapporti cambieranno.
Tutti dovranno cambiare i loro piani, dal Dipartimento di Stato USA, al governo britannico, allo stato israeliano. Una delle cose più incredibili che è stata messa sotto gli occhi di tutti è il rapporto di dipendenza tra lo stato israeliano e i dittatori arabi. Si può vedere come Israele sia terrorizzato dall’avanzata della democrazia nel Medio Oriente, e quanto sia assolutamente dipendente da un rapporto simbiotico con i dittatori arabi; se tutto questo comincia a cambiare, allora tutta la regione dovrà cambiare. Coloro tra di noi che fanno politica da un po’ di tempo e si identificano da sempre con la causa palestinese, conosceranno il vecchio adagio, che la strada per Gerusalemme passa per Il Cairo. Beh, stasera sembra proprio vero.
30/01/2011
Fonte: HYPERLINK “http://www.counterfire.org/index.php/articles/41-interview/9672-the-march-of-revolution-john-rees-reports-from-cairo”http://www.counterfire.org/index.php/articles/41-interview/9672-the-march-of-revolution-john-rees-reports-from-cairo
(traduzione di Phil Rushton)