Wikiileaks e il ’17
La pubblicazione di documenti riservati del dipartimento di Stato americano da parte del sito Wikileaks rappresenterebbe per il ministro Frattini addirittura “l’11 settembre della diplomazia mondiale”. Frattini durante una visita ufficiale in Qatar, ha aggiunto che “Wikileaks fa saltare i rapporti di fiducia tra gli Stati, perché la diplomazia o è confidenziale oppure non funziona”. Vuol dire che funziona se nessuno scopre le malefatte dei vari governanti, la slealtà nei loro rapporti, le menzogne che raccontano ai “sudditi”. “Io non commenterò mai documenti che non siano confermati dagli Stati Uniti né certificati dalle fonti”, ha dichiarato sottolineando che “se veri sono tra l’altro corpo di reato” perché trafugati. Frattini sostiene “che tutti dovremmo non commentare notizie frutto di un’attività criminale che è stata perseguita penalmente in almeno dieci paesi del mondo, fra cui gli Stati Uniti d’America. Mi auguro che anche la magistratura italiana valuti l’ipotesi di reato”. Ma come? Il Pdl non era garantista? E non considerava “rossa” la magistratura?
L’appello a “tutti” riguarda ovviamente l’opposizione, ma sfonda porte aperte, tanto più che ha ricordato che i documenti riguardano anche il governo Prodi, impegnato generosamente nelle “guerre umanitarie” e nella copertura col segreto di Stato di molti misteri e crimini.
Frattini teme “che si dia una picconata alle relazioni diplomatiche nel mondo, la cui base è la confidenzialità e la riservatezza. C’è qualcosa che si può dire sui giornali, c’è qualcosa che riguarda i rapporti personali fra i leader, tra i governi, i ministri, questo è sempre stato e sempre sarà riservato”.
Un precedente dimenticato
Naturalmente ha dimenticato, se mai lo ha saputo, che verso la fine della “Grande Guerra” qualcuno fece saltare questo segreto. “Saltare” letteralmente: appena nominato Commissario del popolo agli Affari esteri Lev Trotskij andò con alcuni marinai rivoluzionari nella sede del Ministero, e aprì le cassaforti con una carica di dinamite, pubblicando poi sulle “Izvestija” uno dopo l’altro i trattati segreti e i verbali di incontri per la spartizione del mondo che erano stati forniti alla Russia zarista dagli alleati anche quando non la riguardavano direttamente.
Così il mondo poté conoscere ad esempio il testo del “Trattato di Londra” che il 26 aprile 1915, un mese prima dell’entrata in guerra dell’Italia, le prometteva i territori “irredenti” (già offerti dall’Austria in caso di mantenimento della neutralità), ma anche la Dalmazia,l’Albania, parte del bottino coloniale, una fascia della Turchia, ecc. Così si poté conoscere la spartizione tra Gran Bretagna del Medio Oriente con gli accordi Sykes Picot; così fu resa pubblica la dichiarazione Balfour che assegnava quella “terra troppo promessa” al movimento sionista, mentre contemporaneamente Thomas Edward Lawrence, detto “Lawrence d’Arabia”, la prometteva ai capi arabi in cambio della loro ribellione alla Turchia. Quel gesto della rivoluzione russa spazzò via per un po’ di anni la diplomazia segreta, fino a quando Stalin la ristabilì alla grande, e i suoi successori fino a Gorbaciov hanno sempre negato che esistesse (si pensi alla spartizione con Hitler di Polonia, paesi Baltici, ecc.). Gli altri Stati hanno ricominciato ancor prima, anche se per un po’ di anni forse con maggiore prudenza.
Ma vediamo cosa “rivelano” i documenti pubblicati da WikiLeaks.
Poco o niente che non si sapesse, anche se per qualcuno può essere sconvolgente leggere che la diplomazia del paese egemone nel mondo considera Berlusconi un vanesio inaffidabile, o sospetta che la grande “amicizia” con personaggi discutibili come Putin e Gheddafi abbia un retroscena di tornaconto economico personale (come dimenticare che Schroeder, appena bocciato dalle urne, si ricollocò come rappresentante del gas russo in Europa?). In genere è sgradevole per tutti gli amici, più o meno servili, degli Stati Uniti, scoprire che sono disprezzati e derisi. Ma la lucidità della diplomazia degli Stati Uniti esce comunque malconcia: si pensi alla sicurezza con cui veniva esclusa l’elezione di Ratzinger al soglio pontificio. Casomai viene da auspicare che WikiLeaks metta il naso anche nei messaggi della diplomazia più antica del mondo, anche se non è da escludere che i nunzi apostolici che rappresentano il Vaticano nel mondo siano più prudenti e meno superficiali di quelli di Washington…
Comunque era prevedibile che un gran numero di giornalisti ipocriti cominciassero a domandarsi “Per chi lavora WikiLeaks? A chi giova? Quanto ci guadagna Assange?”, domanda fondamentale per chi si vende sempre al migliore offerente. Insinuano naturalmente che sarebbe qualcuno che vuol danneggiare gli Stati Uniti… Chi? E perché?
Gli “scoop” di Wikileaks hanno preso il via nel 2006 con la pubblicazione di un complotto per assassinare i membri del governo somalo firmato dallo sceicco Hassan Dahir Aweys. Nel 2007 venne pubblicata la prima ondata di documenti che andava dal materiale di equipaggiamento nella guerra in Afghanistan alle rivelazioni sulla corruzione in Kenya. In quell’occasione venne fuori anche l’orrore del campo di Guantanamo. Nel luglio 2010 Wikileaks svelò al “New York Times”, “Der Spiegel” e “The Guardian” aspetti nascosti della guerra in Afghanistan tra cui l’uccisione di civili e l’occultamento di cadaveri. Nel novembre 2010 WikiLeaks ha pubblicato quasi 400.000 file militari riservati sulla guerra svoltasi in Iraq fra il 2004 e il 2009. I documenti, che hanno rappresentato la più grande fuga di notizie nella storia dell’esercito Usa, sono noti al Pentagono come SigAct, cruda cronaca di “azioni significative”.
Chi sarebbe stato interessato a far sapere che i crimini di guerra (ben conosciuti da chi sa leggere la poca stampa indipendente) erano ammessi in privato anche dai vertici degli USA?
Per il momento comunque Julian Assange, che non sembra protetto da nessuno, deve sfuggire ai vari tentativi di arrestarlo con accuse, probabilmente costruite ad hoc, di delitti comuni, e anche ai tentativi di hackeraggio. Prudenzialmente ha ceduto in anticipo l’intero dossier a cinque quotidiani internazionali (“New York Times”, “Der Spiegel”, “The Guardian”, “El Pais” e “Le Monde”). Sicuramente non gratuitamente. Ma anche se lo avesse fatto solo per arricchirsi, questo non toglie nulla all’utilità di questo momentaneo disvelamento dell’ipocrisia dei potenti.
(a.m. 29/11/10)
P.S.: avevo già messo sul sito questo articolo, quando ho sentito Paolo Ferrero intervistato da Corradino Mineo a RAINEWS24, e sono rimasto sbalordito. Non per l’apprezzamento, forse eccessivo, delle rivelazioni di WikiLeaks, ma per un commento alla relazione privilegiata tra Berlusconi e Putin, che non gli sembrava tanto criticabile: sarebbe un passo verso un mondo non unipolare… Evidentemente, o è una concessione ai tanti amici di Diliberto che stanno nel suo partito e si aspettano miracoli dalla Russia, chiunque la governi, o Ferrero si è bevuto il cervello: come può essere positiva l’intesa tra due cinici furfanti? Non so cosa è peggio…