Descrizione
Rivolta nello stile, non solo nel contenuto.
Scrivendo di sabotaggi e scioperi selvaggi, delle sommosse di un proletariato multietnico e reietto, di repressione, uccisioni e racket, di cinquant’anni di guerra di classe negli Usa, Louis Adamic (1898-1951) non poteva adottare il punto di vista «obiettivo» del mitico «giornalismo anglosassone». Il punto di vista, disse Tom Wolfe, del «galantuomo letterato in tribuna».
Adamic non stava in tribuna ma in campo. Quelle storie le aveva vissute, le aveva in corpo. Il suo Dynamite è un classico e una pietra miliare perché lo scrisse con ogni mezzo necessario, in un mélange di stili idiosincratico, all’epoca azzardato, alternando ricostruzione storica e racconto epico, inchiesta puntigliosa e memoir travisato.
Soprattutto, abitando la lingua inglese da straniero – nato a Grosuplje, in Slovenia – ma cercando di possederne ogni registro, dallo slang più marginale ai tecnicismi dell’economia e delle scienze sociali.
Di Dynamite pubblichiamo, alla buon’ora (da qui il punto esclamativo che ci permettiamo di aggiungere!), la prima edizione critica e integrale in lingua italiana.
Traduzione e curatela di Andrea Olivieri. Non solo uno tra i pochi al mondo ad aver consultato l’archivio Adamic a Minneapolis, ma anche autore di un libro scintillante, Una cosa oscura, senza pregio (Alegre, 2019), in cui la vicenda biografica di Adamic si intreccia a storie di lotte operaie e guerra partigiana tra Italia e Jugoslavia.
È anche la prima volta in cui una casa editrice pubblica un libro simultaneamente in due collane. Da qui il particolare oggetto double-face che vi trovate tra le mani.
Che altro dire? Buone rivolte.
Un’opera fondamentale per la costruzione di un immaginario conflittuale e antagonista per la nuova working class. Tra saggio ed esposizione narrativa di fatti reali con tecniche letterarie, un racconto sulla classe operaia scritto dentro la condizione operaia: così Dynamite storicizza in maniera partigiana il conflitto tra capitale e lavoro, raccontando le storie della violenta lotta di classe nordamericana in tutta la sua brutalità, per togliere ogni velo di agiografia alla rappresentazione stereotipa della classe lavoratrice.
L’autore, Louis Adamic, è un emigrato sloveno che vive i suoi primi anni negli Stati Uniti durante la Prima guerra mondiale, passando da un cantiere a una fabbrica, prima di costruirsi da autodidatta un percorso nel giornalismo e nella letteratura. Precursore del new journalism ma anche della letteratura working class, comincia a concepire Dynamite rubando il tempo della scrittura al padrone, quando si ritaglia qualche minuto per scrivere nelle pieghe del lavoro morto, espropriando valore da tradurre in parole; continua la stesura del manoscritto mentre scoppia la crisi finanziaria del 1929, provando a sabotare con la penna le condizioni del conflitto di classe dell’epoca in cui vive; infine trova finalmente un editore quando è di nuovo disoccupato, affamato e a stomaco vuoto.
Punto di vista interno, fame, espropriazione e sabotaggio, con la penna: ci sono tutti gli elementi-chiave della migliore letteratura working class, pronti a esplodere. Giù la testa.