C’è un modo rivoluzionario di raccontare il calcio – Flavio Pintarelli da “Esquire”
Da Esquire
Qualche anno fa, c’è stato un momento in cui la narrazione del calcio alternativa al mainstream poteva diventare o intelligente o incendiaria. Ha vinto la prima opzione. Ci siamo così abituati a leggere, sui nostri schermi o sulle pagine delle riviste, analisi tecniche in grado di beneficiare della costante datificazione dell’esistente per apparecchiare un punto di vista entomologico nella narrazione del gioco più bello del mondo. Mossa da un’attitudine comparativista che spingeva a esaminare il calcio come discorso, come dispositivo costituente del Potere, la possibilità opposta s’è di certo affievolita ma non s’è ancora spenta. Anzi, è rimasta come presenza spettrale e doppio inquietante, come ipotesi e possibilità sempre in procinto di attualizzarsi.
Ad alimentarne la fiamma ci ha pensato Luca Pisapia con un romanzo, Uccidi Paul Breitner, che ci rassicura del fatto che se fino a questo momento ci si è limitati a interpretare diversamente il calcio resta in circolazione chi invece si pone come obiettivo quello di trasformarlo. Uscito per i tipi di Alegre, nella collana “Quinto Tipo” diretta da Wu Ming 1, Uccidi Paul Breitner è un romanzo diviso in tre parti, o piani. Il primo analizza il rapporto tra il calcio e il potere politico. Il secondo il rapporto tra il calcio e il potere economico. Il terzo il rapporto tra il calcio e il potere mediatico.
Il pallone, dunque, resta come minimo comune denominatore dell’opera. Alla sua analisi Pisapia applica una lettura apertamente materialista. Il calcio diventa così espressione dei rapporti storici, sociali ed economici che lo producono. Il racconto dei diversi stili – dal totaalvoetbal al kick and pass, dal catenaccio alla cibernetica di Lobanovs’kyj – viene trattato come produzione di concetti, pensiero incarnato, agire filosofico. Così come il cinema, per Gilles Deleuze, è un dispositivo in grado di spalancare al ragionamento filosofico la successione delle immagini in movimento; per Pisapia il calcio è un dispositivo che parla di – ed è parlato da – la società che lo esprime. Spalanca al ragionamento filosofico la successione dei movimenti di ventidue uomini che, su un prato segnato da righe di vernice bianca, si contendono una sfera gonfiata d’aria.
Nel mostrare il modo in cui le relazioni del calcio coi diversi poteri si strutturano diacronicamente, l’autore evidenzia come la dicotomia tra un calcio vecchio stampo (puro, incontaminato) e un calcio moderno (opaco, corrotto) sia destituita di ogni fondamento. “Il calcio”, sostiene Pisapia, “nasce moderno, nel senso che nasce come forma di potere”, e la nostalgia che vi si distilla intorno appare dunque come un sentimento del tutto reazionario, malleabile e manipolabile. Non c’è un’età dell’innocenza per il pallone, ma solo concatenamenti di cui risalire la genealogia osservando come, qua e là durante il percorso, si aprano vie di fuga e s’accendano bagliori di resistenza. Il calcio, nella narrazione che ne fa Luca Pisapia, è costantemente ipotesi di una sconfitta, una partita già segnata nel risultato che va però giocata, ogni volta alla ricerca di quel gol che riapre le speranze.
Tutto questo, l’autore lo fa portando ai massimi livelli quell’ibridazione stilistica che è la cifra programmatica della collana “Quinto Tipo”. Uccidi Paul Breitner è un romanzo costellato di upgrade saggistici. Ognuna delle sue parti è costruita intorno a un racconto da cui germinano le riflessioni dell’autore. Una scrittura che rivela tutto il mestiere di cui Pisapia riesce a dar prova, adottando per ogni parte uno stile differente che reinterpreta precisi termini di paragone. Nella prima parte, il racconto ambientato in un ipotetico “garage Olimpo”, mentre si giocano i mondiali argentini del 1978, si rifà perciò alla tradizione del realismo magico sudamericano. Nel secondo si ricostruiscono i giorni di Brasile 2014, adottando uno stile che mima le grandi penne del genere “crime” contemporaneo, i numi tutelari James Ellroy e Don Winslow su tutti. Il terzo racconto, un triello che si svolge in un enorme centro commerciale di lusso nella periferia londinese, è un puro distillato di fantascienza ballardiana e si dipana mentre sugli schermi televisivi scorrono le immagini del confronto tra Italia e Nigeria durante Usa 94.
A punteggiare tutto il meccanismo narrativo messo in piedi da Pisapia c’è una vasta rete di riferimenti colti, veri e propri easter eggs che spaziano dalla musica al cinema. Al lettore spetta perciò il compito di collezionarli e ricostruire l’impalcatura di richiami e rimandi tra le diverse parti del romanzo che questi configurano.
Uccidi Paul Breitner si propone così come uno dei tentativi più compiuti – forse il più compiuto finora apparso nella collana “Quinto Tipo” – di proporre una forma di romanzo aggiornato alla logica dell’ipertesto che caratterizza oggi il nostro orizzonte cognitivo. Lo fa trattando il calcio con una profondità d’analisi invidiabile, entusiasmando dal punto di vista narrativo e con un taglio colto che è molto più strategia di capitalizzazione del proprio archivio culturale che non sfoggio di erudizione fine a sé stesso. Il calcio molotov è, dunque, vivo e lotta, ancora, insieme a noi.