Guido Piccoli da “Il Mattino”
SENZA GERUSALEMME LIBERATA, CRONACHE DAL MEDIO ORIENTE
(Da “Il Mattino” del 12/11/2012)
Viverla da vicino, vederla ogni giorno, e soffrirla. È questo il rapporto con la cosiddetta «Terra Santa» di Michele Giorgio, giornalista italiano (di Caserta) finito a Gerusalemme più di vent’anni fa, con la convinzione che lì avrebbe trovato per tanto tempo, forse per sempre, tanto da scrivere. Ma anche, appunto, da soffrire,
in quanto Gerusalemme e soprattutto i dintorni continuano ad essere una fonte inesauribile di conflitti, ingiustizie e tormenti che, se potrebbero risparmiare il cuore di un inviato speciale che transita rapidamente sulle macerie materiali e umane tra un hotel e un taxi, non lasciano di certo scampo a chi quotidianamente le vive e inevitabilmente se ne lascia influenzare. Per restringere lo spettro dei suoi racconti, il giornalista (che in Italia collabora con vari giornali, tra i quali «Il Mattino») ha selezionato alcune sue corrispondenze
per il libro Nel baratro pubblicato da Alegre edizioni (pagg. 288, euro 14), a partire dai vertici tra Barack e Arafat e dalla provocatoria «passeggiata» di Ariel Sharon sulla Spianata delle Moschee di Gerusalemme (che scatenò la seconda Intifada) fino ai giorni nostri: l’ultimo articolo, del 18 settembre
scorso, riguarda la sentenza all’ergastolo pronunciata da un tribunale di Hamas contro gli assassini
del cooperante italiano Vittorio Arrigoni.
Nel mezzo sono raccontate l’occupazione delle città autonome palestinesi nei cosiddetti Territori, la morte misteriosa di Yasser Arafat, l’ergastolo al più popolare dei suoi leader, Marwan Barghouti, l’elezione
del moderato Abu Mazen alla presidenza dell’Autorità nazionale palestinese, la guerra tra Fatah e Hamas e iriflessi locali della «primavera araba», contagiosa e contraddittoria.
«Dopo aver deciso di scrivere un libro originale, mi resi conto che non avrei fatto altro che copiare la realtà
che avevo visto, vissuto e descritto a caldo per tanti anni. E cominciai, pur con grande difficoltà, a selezionare gli articoli», racconta Michele Giorgio che si è guadagnato il rispetto anche dei colleghi giornalisti, per l’onestà del suo lavoro, svolto con sobria serietà, senza reticenze, censure o omissioni e senza fare sconti
a nessuno dei contendenti. E onestà vuole che in quella terra martoriata non ci sia spazio per l’ottimismo. Da qui il titolo pesante, quasi liquidatorio, del volume.
«Non solo non vedo alcun elemento che possa portarci ragionevolmente a sperare in qualcosa di diverso dal baratro. Anzi, mi sembra che tutto concorra in questo senso, persino la calma piatta che domina quei territori. Approfittando di una cosiddetta ”comunità internazionale“ sempre più distratta e disinteressata,
Israele è sempre meno disposta a fare concessioni.Tra i palestinesi si consolida la frattura tra l’Olp e Hamas, che proseguono le loro lotte di potere, alimentate anche dagli interessi dei diversi stati arabi. E tra la gente aumentano inevitabilmente lo scetticismo, la diffidenza e l’individualismo, inteso come ricerca della soluzione personale alla miseria e all’oppressione», sostiene Giorgio. Se dalla realtà delle cose non scaturisce alcuna speranza, il libro ne indica però negli uomini tra i due lati della barricata, palestinesi e anche israeliani, che ancora non si rassegnano alla deriva tragica o tra coloro, i cooperanti o gli «internazionalisti» che continuano a frequentare, con sempre più ostacoli, la cosiddetta «Terra
santa». Come Vittorio Arrigoni, a cui Michele Giorgio dedica molte pagine.«Vittorio mi ha insegnato ad usare la nuova comunicazione, dai blog a Facebook e Twitter. Ma di lui soprattutto ammiravo la dedizione e il desiderio di non lasciar calare il sipario sulla condizione di un milione e mezzo di palestinesi di Gaza,
chiusi in un’enorme prigione a cielo aperto».