Il libro del mese – Isabella Fantigrossi su “COOK”
Isabella Fantigrossi – COOK de Il Corriere della Sera – Aprile 2025
Un romanzo «working class» come non si vedeva da tempo, quello scritto da Luigi Chiarella per Alegre. Che, prendendo spunto dalla sua decennale esperienza come cameriere immigrato in Austria, alza il velo — anche se spesso con divertita ironia — sulle condizioni di alcuni degli ultimi oppressi e sfruttati della nostra epoca: i camerieri. Forse il mestiere italiano più esportato al mondo e, allo stesso tempo, categoria invisibile oscurata dalla fama di chef star, cuochi e annessi. Calabrese, classe 1976, Chiarella vive e lavora a Vienna. Attore dalla fine degli anni Novanta, ha scritto per il teatro e nel 2014 ha pubblicato per Alegre, come primo numero della collana Quinto Tipo, diretta da Wu Ming 1, Diario di zona. Poi, quest’anno, il suo secondo romanzo, Risto Reich.
Un viaggio dentro un ristorante viennese in zona Spritzgasse. «Un po’ defilato, lontano dalla via principale, ma ben posizionato. Per le sue caratteristiche, attira fauna danarosa: persone che si possono permettere di spendere ottocento euro in quattro per una cena, bevendo un paio di bottiglie di vino. La Spritzgasse è un’arteria segnata da fiumi di birra, vino e piscio, delimitata da cassoni di rifiuti puzzolenti strabordanti avanzi di cucina, da cartoni di pizza da asporto e da odore di cibo mischiato a rumore di masticazione e risate. Un’arteria lunga chilometri che attraversa Vienna e fagocita vite e ricicla denaro, ogni giorno, trecentosessantacinque giorni all’anno». Qui, ogni sera, così come negli altri ristoranti e pizzerie della zona, vanno in scena veri e propri scontri di potere. Tra datori di lavoro che pretendono, non permettono giorni di riposo, non pagano gli straordinari, piangono miseria. E dipendenti che accettano le condizioni di lavoro, macinano chilometri tra i tavoli, ognuno e ognuna per sé, con, in più, la necessità di essere sempre sorridenti e ben disposti nei confronti dei clienti. «Ora, se si sa da che parte della barricata si vuole stare — scrive Chiarella — basta poco per capire che questa situazione, questo tipo di dinamica, sia un conflitto. Conflitto di classe, per la precisione». Espressione ormai dimenticata. «Poi, non tutti i datori di lavoro sono degli sfruttatori, esiste una piccolissima minoranza di persone che, nel passaggio da dipendente a libero professionista e gestore di attività, non ha subito questo tipo di mutazione. Sono persone che, oltre a lavorare per davvero nel proprio locale per dieci o dodici ore al giorno, ti chiedono in modo umano se puoi fermarti anche solo una mezz’ora in più. E quella mezz’ora la troverai in busta paga. Persone così sono rarissime e a loro va l’onore delle armi».
Il romanzo, oltre a raccontare una storia di lettura godibile, suggerisce una via di uscita. Che passa per la presa di coscienza e la solidarietà. «Perché va bene resistere, va bene coltivare oasi di libertà — scrive — ma da qualche parte bisogna cominciare a disfare. Sabotare, quando serve, e immaginare ciò che ancora non c’è e disfarla già adesso la macchina, ché i giorni e i mesi e gli anni scorrono. La vita sgocciola nel tempo». E dunque? «Quando invece è tempo di guardarsi intorno, perché forse basterebbe tenere il conto di quanta carne impiattata magnificamente si porta in tavola ogni giorno, pensare e sentire quanta sofferenza ristagna dentro un piatto di antipasti misti, una bolognese o una carbonara, per smettere di lavorare. Bloccare tutto, guardarsi in faccia e uscire insieme per strada». Forse è davvero quello che manca, fa riflettere Chiarella. «Un riconoscersi come persone appartenenti ad una classe che il sistema produttivo vuole condannate a ripetere sempre gli stessi gesti, nelle stesse situazioni, sotto le stesse dinamiche».