La Roma criminale dal letto di un dializzato. (Luca Pisapia da il Fatto Quotidiano)
Nel superare la distinzione tra narrativa e saggistica Settantadue di Simone Pieranni rappresenta il culmine della collana Quinto Tipo diretta da Wu Ming. Scritto in prima persona, è la storia di un giornalista che partendo dalla sua esperienza di dializzato (in tre anni sono 1728 ore, i 72 giorni del titolo, attaccato alla macchina infernale) comincia un’inchiesta sul sottobosco criminale romano, dove incontra le figure di sfondo di un disegno sfilacciato e inafferrabile.
L’alter ego di Simone Pieranni si muove come un segugio, inseguendo gli odori di quell’umanità minore e reietta che fa la storia a sua insaputa, in un collage letterario dal montaggio serrato. Il vento che viene dal mare e soffia impetuoso in ogni città attraversata restituisce le atmosfere alienanti del noir metropolitano, portato a una rarefazione estrema, quasi metafisica.
Dai bunker ospedalieri di Roma dove la macchina succhia il sangue alla Genova degli anni Settanta dove si costruisce l’Italia delle televisioni private, dal profondo Nordest della crisi del capitale a Shanghai dove lettere scritte a mano a fine Ottocento giungono fino al presente, personaggi reali e immaginati, dialoghi avvenuti e mancati, fondono l’indagine giornalistica con l’autofiction di Borges e Bolaño. E per tutto il libro il vero resta un monumento del falso.