Recensione di Marco Maschietto su Radio Sherwood
Di Marco Maschietto
http://www.sherwood.it/Presentazione-di-D-altri-tempi-con
Stefano Tassinari è un autore che ha fatto della letteratura sociale la sua ragion d’essere.
L’ha dimostrato in più occasioni ed è sufficiente sfogliare i titoli dei suoi lavori precedenti per capire l’idea che ha del ruolo della scrittura: “D’altri tempi”, “Il vento contro”, “L’amore degli insorti”, “I segni sulla pelle”.
Una scrittura che parla di conflitto, di memoria, che ha il respiro lungo della Storia, con incursioni in terreni sociali impervi come il mondo del lavoro e del non-lavoro. Probabilmente è questo uno dei motivi per cui Tassinari è sulla lista nera stilata gli assessori veneti Speranzon e Donazzan che lo vorrebbero “al bando”, messo “al rogo”.
Per lui la scrittura è libertà, è uno strumento di critica e di espressione artistica che riesce ad adoperare senza piegare la narrazione al messaggio che veicola.
Con “D’altri tempi” da poco pubblicato da Edizioni Alegre ha deciso di tornare alla forma letteraria del racconto. Non lo faceva da un bel po’ ed è indubbio che abbia trovato qualche difficoltà nel farsi pubblicare perchè l’Italia non ha mai avuto, salvo qualche episodica eccezione come Calvino e Buzzati, una forte tradizione di “racconti”.
Anche questa, una scelta di libertà.
La forma del racconto gli ha permesso di sperimentare forme stilistiche e strutturali che con un romanzo non avrebbe mai potuto ottenere. Monologhi, lettere, dialoghi serratissimi, reale e surreale.
Sono dieci i racconti raccolti in “D’altri tempi”. Dieci storie degli anni ’70, su personaggi e fatti reali di quel periodo, diversissime fra loro ma che hanno, in un modo o nell’altro, a che fare con l’arroganza del potere. Si parte con Brian Jones, l’ex chitarrista dei Rolling Stone, che in prima persona racconta la sua storia piena di aneddoti fino al 2 Luglio del ’69, la data della sua morte. Si passa poi a fatti di cronaca dell’epoca. Alcuni ben noti, altri che erano stati gettati nel dimenticatoio come il caso di Carolyn Lobravico uccisa dal manicomio criminale. Ci sono le Black Panthers di George Jackson nell’America della guerra razziale, c’è la “Bloody Sunday” nordirlandese del ’72, ci sono le uccisioni di Roberto Franceschi e Francesco Lorusso, c’è il Parco Lambro e il suo festival del proletariato giovanile raccontato con un dialogo dal retrogusto di scontro generazionale, c’è l’ultimo condannato a morte dal franchismo spagnolo per mezzo della garrota, c’è la dittatura militare argentina e le torture dei manicomi pre-Basaglia.
“D’altri tempi” è un esercizio di recupero della memoria storica che mira ad essere uno strumento di costruzione di un sapere critico. Tassinari c’è riuscito senza incappare nel il rischio di sfociare nel “reducismo”. C’è riuscito perché rende attuale quello che racconta.