«Tesoro, ancora me stai a uso/abuso pubblico della storia?» – Lidia Martin su Storie in movimento
Partiamo dall’autrice: Nicoletta Bourbaki è il nome collettivo che si è dato «un gruppo di lavoro sul revisionismo storiografico in rete, sulle false notizie a tema storico e sulla riabilitazione dei fascismi in tutte le sue varianti e manifestazioni» (cito dalla quarta di copertina), che in questi anni abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare per diverse decostruzioni di bufale e narrazioni tossiche diffuse dal e sul web – e spesso raccolte dal discorso pubblico – come vere verità (vedi qui).
La morte, la fanciulla e l’orco rosso è una di queste decostruzioni, e allo stesso tempo è molto di più.
Il “caso Ghersi” da polemica politica locale diventa un caso nazionale nel 2017, quando il «Corriere della sera» diffonde la notizia della querelle tra l’Anpi di Savona e il Comune di Noli per la posa di una targa in memoria di Giuseppina Ghersi, quale vittima della violenza partigiana. La breve ricostruzione della storia pubblicata dal «Corriere» conteneva elementi e spie che non potevano passare inosservate a chi ha lo sguardo allenato alla lettura critica delle fonti e si pone domande semplici, ma non banali, come «Questo chi lo dice? E perché?» (sintesi di un discorso più ampio che rubo dal titolo dell’agile guida di Nicoletta Bourbaki per la promozione di un uso critico del web, che potete leggere interamente qui). E così il gruppo di lavoro inizia a fare ricerca storica con metodo e prende il caso Ghersi come «emblematico [per] mostrare come funziona la macchina che produce false ricostruzioni storiche di “crimini partigiani” e di come nell’attuale ecosistema informativo queste narrazioni diventino virali» (p. 84).
E questo è il “molto di più” che si trova nel libro, che finisce per essere un manuale di Metodo storico for Dummies!
Nicoletta Bourbaki spiega ogni azione e ogni passaggio fatto nel corso dei cinque anni di ricerche. Lo fa con rigorosa attenzione e a volte addirittura con una attitude che denota tanta/troppa cura nel prevenire gli attacchi. Colpi che è preparata a ricevere fin dalle sue prime uscite pubbliche, andando a toccare quei temi che polarizzano il dibattito storico-politico dalla tv alle pagine dei giornali, dal web alle strade.
La storia, la memoria e l’uso pubblico della morte di Giuseppina Ghersi –
«Uccisa per un tema o per un riscatto, in viale Dante Alighieri o a Zinola o a Legino.
Condannata senza motivo o perché ha visto qualcosa che non doveva vedere.
Picchiata e stuprata davanti ai genitori, da sola o assieme alla madre o davanti al padre.
Uccisa con lo zio o da sola, il 25, il 29 aprile o il 1° maggio.
Rapata a zero, o forse no.
I dettagli accumulati nelle diverse versioni sono innumerevoli e, nei loro commenti sui social network, vari utenti raggiungono vette estreme nel tasso d’invenzione. Districarsi e mettere in fila questi racconti privi di fonte è un esercizio interessante, attraverso ricostruzioni in cui la fantasia e i (pochi) fatti documentati vengono mescolati senza soluzione di continuità» (p. 239).
– occupano la parte più corposa e centrale del libro (parte seconda e terza, pp. 87-243).
Ma prima di mettere le mani sulle carte d’archivio e sulle mappe storiche, si viene introdotti e avvicinati al contesto in cui, e per cui, una storia talmente confusa abbia potuto diventare “un caso”. La parte prima diventa così una disamina delle tante tappe del revisionismo storico e della vasta diffusione delle narrazioni “anti”, in primis antipartigiane e antifasciste.
Il volume poi si chiude, prima delle conclusioni finali, con un’altra storia ligure dai contorni nebulosi: l’“eccidio” del Monte Manfrei (pp. 243-284), di cui vengono messe in evidenza le similitudini con la costruzione del caso Ghersi per svelare il meccanismo che permette di inventare, distorcere o dilatare una storia-fake.
Mentre leggevo questo libro pensavo: “tutto giusto! Ma come possiamo agire contro abusi pubblici della storia e della memoria di così ampia portata?”, perché il nostro «che fare?» rimane per me ancora un nodo non risolto dai tempi del dialogo Il calendario civile. Storia, memoria o propaganda? al VI Simposio di storia della conflittualità sociale (Amelia, 15-18 luglio 2010).
E, come se lo sapesse, Nicoletta Bourbaki mi ha poi risposto a p. 287:
«Come liberarci da questa nuova ossessione dei nostri tempi?
Rallentando, prima di tutto. Prendendoci il tempo per capire, leggere, conoscere».
Una risposta/proposta che ha tutta la forza, la determinazione e il radicamento che solo un lavoro collettivo è in grado di produrre.
Allora grazie Nicoletta! Il percorso è lungo e impervio, ma potremmo fare un pezzo di questa strada insieme.