Un’altra lotta di liberazione (dalle fake news) – Francesco Filippi su Maremosso magazine
Da Maremosso magazine
Il caso di Giuseppina Ghersi è uno di quei fatti storici a lungo usati da una certa propaganda estremista per denunciare il comportamento meschino e violento dei partigiani. Ma anche in questo caso, è sempre stato difficile scindere la mistificazione dalla realtà. Fino a ora.
La recensione di Francesco Filippi Tra gli enologi gira una battuta che molto racconta sulla capacità di sofisticazione dell’odierna industria alimentare: «si può fare il vino con qualsiasi cosa, perfino con l’uva!».Con la memoria pubblica avviene un po’ la stessa cosa: si può costruire una lettura diffusa del passato con qualsiasi cosa, addirittura con i fatti storici.È proprio partendo dalla consapevolezza che l’attuale strato di memoria collettiva che costituisce l’immaginario storico nel nostro paese è infiltrato da molte narrazioni che poco o nulla hanno a che vedere con la fattualità storica, e molto con un uso sempre più spregiudicato del passato come clava politica sul presente, che nasce il lavoro del collettivo Nicoletta Bourbaki La morte, la fanciulla e l’orco rosso (Alegre 2022). Il gruppo di studio sul revisionismo storico nato nell’ambito della Wu Ming Foundation affronta in questo documentatissimo volume uno dei casi più interessanti di mistificazione delle vicende della guerra civile italiana, quello della giovane Giuseppina Ghersi, uccisa a Savona subito dopo la Liberazione.Il lavoro di scavo e ripulitura portato avanti da Nicoletta Bourbaki non si limita a ricondurre nell’alveo della realtà storica la vicenda della giovane, assurta negli ultimi anni a simbolo delle violenze commesse dai partigiani nei confronti delle donne, ma amplia il contesto dalla pura analisi fattuale descrivendo i meccanismi che hanno portato alla nascita di quella che ha tutte le caratteristiche per essere definita una “bufala” inventata per screditare la narrazione resistenziale.Nel saggio si ricostruiscono le dinamiche retoriche utilizzate nelle cronache antipartigiane fin dalla fine del conflitto e che derivano, in drammatica continuità, da quelle messe in campo dalla propaganda nazifascista. Dinamiche che nel corso del tempo si sostanziano con parole d’ordine quali, “delinquenti”, “stupro” e “vigliaccheria” per designare partigiani o presunti tali, a cui si affiancano i temi del “martirio”, delle “vittime” e dell’immancabile “senso dell’onore” con cui dipingere la narrativa dei “vinti” (altra parola chiave).
La morte, la fanciulla e l’orco rosso non è solamente un saggio utile per ricostruire un fatto storico abbondantemente mistificato negli anni, ma è anche un fondamentale manuale per poter riconoscere gli schemi di sofisticazione delle vicende storiche legate alla Resistenza italiana e poter quindi smontare il sempre più roboante apparato della mistificazione a fini di bassa politica della storia di questo paese.
Non leggetelo se avete i vostri riferimenti storici passano da un «si dice» a un «mi hanno raccontato»: in questo libro parlano i fatti, anzi, urlano.Non leggetelo se siete affezionati alla memoria condivisa: non si può condividere una memoria, ma si possono confrontare, facendole convivere, memorie diverse.Non leggetelo se fate il tifo per una pacificazione nazionale che odora di parificazione: nonostante tutte le fake news, la realtà ci riporta a un passato in cui da una parte si combatteva per la libertà, mentre dall’altro si rastrellava per difendere la tirannia.