Verrebbe da dire: è cambiato tutto ma non è cambiato niente – Michael Braun da Internazionale
L’ultimo a decretare la fine della classe operaia è stato il nuovo rapporto annuale dell’Istat, pubblicato pochi giorni fa. Sarà sparita la classe, nel senso di un’appartenenza forte, ma certo non sono spariti gli operai. A suo modo ne dà testimonianza Meccanoscritto, un volume che unisce testi scritti nel 1963 per un concorso letterario bandito dalla Fiom – il sindacato dei metalmeccanici che fa capo alla Cgil – e testi nati nel 2015 nell’ambito di un laboratorio letterario a cui ha preso parte Wu Ming 2, sempre su spinta della Fiom. A leggere i racconti (che parlano di scioperi e di crumiri, di licenziamenti, di vittorie e sconfitte) verrebbe da dire: è cambiato tutto ma non è cambiato niente. Da un lato un’Italia in pieno boom, con i sindacati che riescono a scalfire il potere dei padroni, dall’altro un’Italia precaria, in cui i sindacati sono sulla difensiva e lottano contro la chiusura delle fabbriche. Ma proprio aver scelto dei racconti, e non la ricerca sociologica, ci fa capire cosa unisce queste due fasi storiche così diverse: quelli che lavorano nelle fabbriche sono persone. Persone obbligate, ieri come oggi, a lottare per vedere rispettata la propria dignità.