Vivere nel proprio sogno. Luca Cangianti (da MicroMega)
Minatori, facchini, braccianti e vetturini, gente rozza e facilmente irritabile che però improvvisa in endecasillabi ispirandosi alla metrica di Ariosto e Tasso. Sono questi i protagonisti di PCSP (Piccola Contro-Storia Popolare), il nuovo “oggetto narrativo non-identificato” di Alberto Prunetti. Le storie che si alternano nel testo sono ambientate in Maremma e parlano di anarchici, arditi del popolo, comunisti allergici alla ragion di stato staliniana, bestemmiatori, disertori della Prima guerra mondiale e banditi sociali che vivono nelle grotte nutrendosi di bacche e assalti ai latifondi. È un tessuto sociale ormai scomparso, riottoso e romantico, che Prunetti riporta in vita con l’abilità e gli strumenti del cantastorie.
C’è un tale, Domenico Marchettini, detto “il Ricciolo”, che negli anni venti del secolo scorso va in giro armato a terrorizzare gli agrari. Il casellario giudiziario lo descrive così: “statura media – corporatura tarchiata – fronte alta – baffi spioventi – capelli neri – adiposità molta – barba rasa – espressione fisionomica truce”. Un altro, Chiaro Mori, detto “Chiarone”, è un disertore che vive ricercato dai carabinieri per dodici anni alla macchia, ma quando in zona c’è una festa, lui è sempre presente, perché il popolo gli vuole bene e lo protegge. Poi c’è Bartolommei “che al posto delle rape nell’orto sotterrava tubi di dinamite affinché germogliasse la rivoluzione sotto il sol dell’avvenire” e un oste anarchico di quelli che Mario Brega avrebbe potuto interpretare magistralmente in un film di Sergio Leone. Il suo modo di mettere in fuga gli squadristi consiste nell’offrirgli con il massimo della cortesia un cicchetto: solleva una damigiana di vino da 54 litri con una sola mano e riempie i bicchieri senza far cadere una goccia. Tanto basta per indurre i fascisti a più miti consigli.
Si tratta di pura mitologia popolare fatta per passare di bocca in bocca, come un tempo davanti “al camino o al fresco nell’aia” o ancora oggi durante le veglie in un’occupazione all’università o in una fabbrica ricuperata argentina. L’autore è molto esplicito su questo punto e cita Gilles Deleuze quando dice: “se siete presi nel sogno di un altro, siete fottuti.” L’immaginario sarà pure frutto di una determinata composizione sociale, ma è esso stesso un imprescindibile propellente politico: i ribelli di cui ci parla Prunetti “erano egemoni perché avevano costruito un immaginario antagonista che dava loro consenso e legittimità. Un immaginario fatto di poesia in ottava rima e di canti di Pietro Gori, di vangeli sovversivi che incrociavano Malatesta col Lazzaretti, Bakunin e Mazzini”.
Ecco allora che tante piccole storie, scritte con un registro terminologico popolare ma ricchissimo e montate cinematograficamente, diventano un potente dispositivo politico e gnoseologico. Perché queste storie appena accennate vien voglia di raccontarle ancora, vien voglia di cantarle, di aggiungerci o toglierci qualcosa, di renderle ancora più iperboliche, insomma di replicare ciò che Prunetti ha iniziato a fare per primo. È in questo modo che i gruppi sociali costruiscono le proprie identità dando un corpo immaginario alla propria struttura sociale. È anche (e forse soprattutto) grazie a queste epiche popolari che si costruiscono le coscienze collettive permettendo un punto di vista e un agire comune orientati a una progettualità politica realmente costituente.
Come Amianto, il precedente lavoro di Prunetti, anche PCSP è un prodotto di difficile catalogazione. Del resto si tratta di una caratteristica che hanno tutti i libri pubblicati in Quinto Tipo, la collana diretta da Wu Ming 1 per le Edizioni Alegre. Prunetti mescola infatti ricerca d’archivio, narrativa dalle venature latinoamericane, giornalismo investigativo, metalinguistica e poesia trascritta. Il risultato è un ibrido particolarmente adeguato a restituirci il mondo della subalternità in tutta la sua umanità, ironia e conflittualità. In PCSP non c’è mai retorica, nemmeno quando si parla di Resistenza. Gli antifascisti di Prunetti non sono personaggi connotati da eroismo civile, ma piuttosto ribelli usciti da uno spaghetti-western maremmano. La loro caratteristica più importante è però che tutti vivono nel proprio sogno. Ed è questo che li rende così affascinanti.
(25 novembre 2015)