Descrizione
Dopo aver raccontato le lotte operaie e il ruolo liberatorio dell’emigrazione proletaria nell’Argentina del Novecento, Osvaldo Bayer scrive un libro sul calcio. Inizia a farlo quasi per gioco, spinto da un incarico di lavoro: la scrittura di una sceneggiatura per un documentario sul fútbol argentino dalle origini fino a Diego Armando Maradona.
Accetta l’incarico, forse perché marcato stretto dal suo eterno amico, Osvaldo Soriano.
Ma non cambia il metodo: applica al calcio il lavoro storiografico sulle fonti, la pratica dell’inchiesta della storia orale e un punto di vista orientato verso le dinamiche materiali della società.
Il risultato è una storia sociale del calcio argentino, lontana dai tecnicismi e vicina ai subalterni e agli oppressi.
Come i fotogrammi di un film, il libro di Bayer scorre pagina dopo pagina raccontando una storia di calcio postcoloniale. Lo sport dei gentleman inglesi – proprietari di ferrovie e estancias – si creolizza, diventa un fenomeno quasi nazional-popolare – come direbbe Gramsci – ma poi viene preso in ostaggio dal professionismo prima, dal potere militare poi, infine dalle logiche immateriali dello spettacolo.
Eppure sopravvive sempre, nelle pieghe del fútbol, oltre i margini imposti dalle logiche dell’estrazione di profitto, la magia di uno sport ribelle.
Perché la palla è tonda, ma per mandarla in rete oltre la linea bianca della storia a volte serve la mano de dios.
Un gioco capitalista, perché si richiede sempre il rendimento, l’affanno di vincere, la superiorità. Un gioco socialista, perché c’è bisogno dello sforzo di tutta la squadra, del mutuo aiuto per ottenere il trionfo, ossia una vita migliore. Il gol è di tutti, quando tutti lavoriamo per quel gol. Il sogno, la speranza, il gol.
Il gol è la felicità. Ma è anche la paura. La paura del portiere davanti al calcio di rigore, il fallimento, la sconfitta. L’imprevisto. Tutto troppo umano. La vita.
Per quanto possa sembrare esagerato, nel rettangolo verde si porta in scena l’imprevedibile dramma della vita. Bayer ci parla di questo. E di alcune cose in più.
Osvaldo Soriano