Descrizione
Tre episodi di lotta dei migranti (lo sciopero del primo marzo, la lunga lotta sopra e sotto la gru di Brescia e la ribellione nella tendopoli di Manduria) tra i più rilevanti nel nostro paese. Episodi non isolati da cui trarre insegnamenti che stupiscono solo chi ancora considera i migranti come vittime silenziose, ospiti transitori o oggetti culturali. Analizzando la composizione del lavoro migrante, le forme organizzative che assumono i conflitti, il loro rapporto con i sindacati, si evince quanto sia sbagliato ridurre i migranti a semplici utenti di servizi legali o invocare astrattamente l’unità con i lavoratori nativi. Tutte le leggi sull’immigrazione varate in Italia negli ultimi venti anni hanno consolidato il principio che il permesso di soggiorno sia legato al contratto di lavoro, assegnando un potere incontrollabile agli imprenditori che assumono il ruolo di “regolatori dei diritti di cittadinanza”. Questo aspetto più di altri è un tratto specifico della condizione migrante, che dimostra di richiedere un ambito autonomo di presa di coscienza e di autorganizzazione.
«I migranti non sono i soggetti mancati della cittadinanza. Al contrario: proprio perché non sono i soggetti di diritto di nessuna cittadinanza prestabilita e certa, sono coloro che, mentre sembrano riaffermarne la necessità, ne mostrano i limiti strutturali e in qualche modo l’inesorabile declino storico».
Dall’Introduzione di Felice Mometti e Maurizio Ricciardi